Alzati e agisci
“La carica politica più importante è quella di privato cittadino”. (Louis Dembitz Brandeis)
Sarò sincera: quando pensavo all’argomento del quale parlare questa settimana, la mia attenzione era completamente rivolta alla riforma della #Giustizia. Volevo approfondire meglio in che cosa consistesse davvero la separazione delle carriere di pubblico ministero e di giudice, immaginarmi le sue implicazioni ed enormi conseguenze nel mondo del diritto e della vita di tutti i giorni. Cercando di acquisire quante più informazioni possibili, mi sono resa conto di aver bisogno dell’opinione di una persona di mia conoscenza per costruirmi un mio pensiero. Non tanto per lasciarmi influenzare nella mia riflessione quanto più per rendermi conto che le differenze di posizioni e le ragioni che portano a queste fanno capo a persone vere, realmente soggette al cambiamento che questa riforma può portare. Ho così contattato un #giudice che conosco, chiedendogli un parere in merito così da poter “scrivere di qualcosa che non ho vissuto sulla mia pelle”.
È bastato che scrivessi questa frase di chiusura della mail per rendermi conto che mi stavo interrogando sulla cosa sbagliata, che la mia riflessione era patologica ancor prima che l’avessi formulata: nello scrivere al giudice, avevo ammesso la mia ignoranza e la mia sensazione di estraneità nei confronti di qualcosa che in realtà incide profondamente sulla mia vita personale. Non da possibile futuro pubblico ministero o giudice, non da operatrice un domani nel mondo giuridico, ma da semplice #cittadina.
Un ruolo che non devo immaginarmi di ricoprire ma che, spesso e volentieri, ho percepito nel modo sbagliato, non riconoscendo i doveri che essere cittadina implica e non realizzando il potenziale dei diritti che essere cittadina mi garantisce di avere e di esercitare.
Ben prima che si tornasse a parlare della riforma della Giustizia, approvata dalla Camera il 16 gennaio in tempi inusualmente ristretti e senza alcun emendamento, e delle conseguenti proteste da parte dei magistrati dissenzienti durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario, c’è stata la possibilità che ci si pronunciasse su alcuni temi-cardine della riforma attuale.
Nel 2022 infatti è stato indetto un #referendum abrogativo, con il quale gli elettori sono stati chiamati a pronunciarsi sulla possibilità di abrogare alcune disposizioni, la maggior parte dell’ordinamento giudiziario, che avevano ad oggetto anche la facoltà dei magistrati di passare dallo svolgimento della funzione giudicante a quella requirente e viceversa.
I referendum rappresentano da sempre il più importante strumento di #democrazia diretta, attraverso il quale i cittadini possono esprimere in prima persona il loro pensiero su una questione di rilevanza politica, senza doversi avvalere dei partiti come intermediari delle loro posizioni ed orientamenti. L’affluenza del poco più del 20% degli aventi diritto (non sufficiente ai fini della validità del referendum, per la quale è stato richiesto che votassero almeno metà + 1 degli elettori) non fa altro che sottolineare come esista nel nostro Paese un grave problema di #astensionismo dalla vita politica da parte dei cittadini. Vuoi per pigrizia, vuoi per ignoranza, gli italiani non votano più. Non solo quando si tratta di decidere chi eleggere come rappresentante politico delle proprie idee, ma anche quando è richiesto che siano loro stessi a manifestare un proprio pensiero atto ad apportare delle modifiche nel mondo politico. Modifiche che riguardano questioni che ci toccano sempre, in un modo o nell’altro. Non c’è decisione politica che venga presa che non ricada sui cittadini.
Ci sarebbero esempi molto più calzanti che dimostrerebbero come questo problema preesista al momento del referendum del 2022, ma se per certe questioni è più difficile capire come queste ci riguardino personalmente non ritengo che la giustizia rientri tra queste.
Quando ne abbiamo avuto la possibilità, non ci siamo pronunciati. Forse non eravamo pronti ai quesiti, nonostante le mille modalità con le quali si è cercato di preparare i cittadini al #voto, o forse non ritenevamo sufficientemente importante informarci sulla composizione del CSM e le funzioni dei magistrati per poter esprimere un parere di valore.
Ora la possibilità della #riforma della giustizia è tornata in auge e solo i magistrati sembrano esprimersi sul punto, insieme ai politici stessi. Ma pochi la conoscono e ancora meno persone sanno il perchè delle posizioni discordanti che riguardano questo tema. Eppure si tratta di modificare delle norme di rango costituzionale, andare a toccare un documento che dal 1948 simboleggia il più alto grado di garanzia dei diritti dei cittadini. Uno dei punti del programma elettorale del partito di maggioranza, che coloro che quel partito lo hanno votato dovrebbero conoscere senza poter invocare a loro favore l’imprevedibilità del corpo politico.
Non dovrebbe essere uno dei nostri principali interessi capire quello che sta accadendo? Capire perché c’è chi vorrebbe modificare questo sistema di diritti e libertà e chi invece si batte per mantenerlo esattamente così com’è?
Potremmo farci mille domande sulla questione, farci accarezzare dalla curiosità di una realtà politica che con il passare del tempo abbiamo sentito sempre meno nostra, chiederci se continuiamo ad essere parte integrante di questo Stato o se ormai è sfumata anche la più piccola possibilità di poter decidere qualcosa per noi stessi, senza che qualcuno parli al posto nostro.
Imparare a capire quali sono e come funzionano i #poteri statali (tra i quali figura quello giudiziario) ci permette di partecipare alla vita politica con consapevolezza e padronanza degli strumenti giuridici a nostra disposizione per essere incisivi e far sentire la nostra voce.
Ogni volta che ci rifiutiamo di andare a votare, di partecipare ad un referendum di carattere costituzionale o anche solo di non curarci di quello che accade nel nostro Paese, affidiamo la scelta su che futuro vogliamo per noi stessi ad altri. E in tempi difficili come questi dove è difficile dare fiducia a chi ci rappresenta, dovremmo fidarci di più della nostra capacità di comprendere quello che succede intorno a noi e di cambiarlo con le nostre decisioni.
#Tocqueville diceva che la passività del cittadino fa ammalare la democrazia: quella realtà che tutti vogliamo difendere ma alla quale, in un modo o nell’altro, spesso sappiamo rinunciare con troppa facilità.
Non voglio conoscere un mondo in cui, svegliandomi un lunedì mattina qualunque con la voglia di cambiare tutto, io non abbia più il diritto di farlo. Domattina mi alzerò e mi chiederò se questa realtà mi piace così com’è. Se così non dovesse essere, agirò. Domattina mi alzerò e mi chiederò se qualcuno intorno a me vuole vedere diversa la realtà che a me tanto piace. Se così dovesse essere, agirò.
Domani mi alzerò e potrò agire, perché qualcuno prima di me ha agito a suo tempo e ha protetto il mio diritto a fare lo stesso.
Non c’è niente di più bello di proteggere la democrazia per un futuro migliore.
La protezione della democrazia sta nel ricordarsi che la democrazia esiste.
✍️ Benedetta Conti