Kompatscher solidarizza con Egonu: bene ma…
Paola Egonu è stata vittima di una domanda inaccettabile: “Perchè sei italiana?”. Subito è arrivata la giusta solidarietà del mondo e anche quella del presidente Arno Kompatscher che aggiunge, però, il parallelismo con gli atleti altoatesini. E’ davvero la stessa cosa?
di Alan Conti
La domanda che hanno fatto a Paola Egonu è tra il raccapricciante e l’imbarazzante. Più tendente verso il primo aggettivo. La solidarietà trasversale che ha ricevuto la pallavolista azzurra (da Mario Draghi in giù) è giustificata, meritata financo doverosa. Proprio per questo non può diventare un bene strumentale.
SOLIDARIETA’ E PARALLELISMO
Nella giornata di ieri il presidente della Provincia Arno Kompatscher ha pubblicato un post molto chiaro sulla sua pagina Facebook istituzionale di sostegno e solidarietà all’atleta azzurra raccogliendo consensi (facili, visto l’ondata emotiva tangibile). Oltre alla solidarietà, tuttavia, il Landeshauptmann si è spinto un pelo oltre richiamando un parallelismo evidente. O quantomeno utilizzando questo episodio per mettere un cono di luce anche su un altro: le identiche domande poste a sportivi altoatesini. Ma è un parallelismo che regge?
LA DOMANDA AD EGONU HA A CHE FARE CON LA LINGUA?
Quando il presidente della Provincia scrive “è successo spesso, anche in passato, ad atleti altoatesini di lingua tedesca o ladina di dover dimostrare la propria italianità” sovrappone totalmente la lingua parlata al colore della pelle (l’assurdo motivo per cui hanno fatto quella domanda ad Egonu). Pur non essendo accettabili classifiche di gravità (lo sono tutte le discriminanti) purtroppo sappiamo che, almeno storicamente, le discriminazioni legate all’aspetto estetico sono state molto più tragiche di quelle collegate alla lingua parlata. E il fenomeno dei “nuovi italiani” (termine orribile) come Egonu non ha proprio nulla a che fare con la lingua dato che l’italiano lo parlano perfettamente. Subito dopo, nel post del presidente, ecco un richiamo condivisibile: “Essere uniti nella diversità deve essere un esempio per tutta la società”.
LA DICHIARAZIONE DI APPARTENENZA E’ UNITA’ NELLA DIVERSITA’?
Ecco, prendendo in considerazione l’ultima frase il Landeshauptmann non considera che se Paola Egonu fosse altoatesina si sarebbe già dovuta presentare in Tribunale per dichiarare di essere italiana. O meglio: di parlare la lingua italiana. In quel caso non è un giornalista ma addirittura l’istituzione a porle il quesito di indicare quale idioma senta più suo. Tralasciando totalmente la possibilità che nel concetto di unità nella diversità possa esserci più di qualcuno che sente diverse lingue come parte di una sua unica identità. Si tratta dell’obbligo-richiesta di una “dichiarazione di appartenenza”: di fatto comunicare a qualcuno a che cosa ci si senta di appartenere. Scegliendo qualcosa. Quindi escludendo qualcos’altro. Certo, perimetrato alla lingua però di questo si tratta. Peraltro un processo preliminare finalizzato anche a quello strumento della proporzionale etnica che ci vuole sì “uniti nella diversità” ma pur sempre secondo uno schema, appunto, proporzionale. “Uniti della diversità pubblica purché questa sia al 70% di una lingua e al 30% di un’altra” (i numeri sono casuali).
QUELLE BANDIERINE BIANCOROSSE…
Il parallelismo che introduce Kompatscher è quello tra gli atleti altoatesini ed Egonu. Il concetto che l’identità intima non andrebbe nemmeno domandata è sacrosanto. E se vale per il colore della pelle vale anche per la lingua parlata. Questo è indubbio. Basta a rendere le due situazioni uguali? Qualsiasi sia la risposta bisognerebbe evitare azioni che possano apparire come miccia per la diversità. O quantomeno stigmatizzarle. La scelta di un sito sportivo altoatesino di inserire le bandiere biancorosse nelle grafiche dei risultati degli sportivi altoatesini al posto di quelle italiane di certo non lavora nella direzione di un’unione che sia compendio di diversità. Anzi, è l’esatto contrario: la sottolineatura della diversità. Condivisibile o meno secondo i punti di vista (e non per forza discriminante) trattandosi di una scelta editoriale. Eppure, a memoria, non si ricordano post sul tema del presidente con richiami all’unità nella diversità. Da assessore allo sport ne avrebbe anche la competenza.
LA SOLIDARIETA’ PURA SUONA SEMPRE MEGLIO
L’ultima domanda è cruciale: si possono comparare i problemi di appartenenza linguistica o di bandierina con una domanda insensata ma molto più profonda e di impatto identitario come quella posta ad Egonu (con il sospetto forte di un sottinteso collegato al colore della pelle)? No, appunto. Il che non significa che una discriminazione sia più accettabile di un’altra ma solo che accostarle suona un filo pretestuoso. E se lo spartito dovrebbe suonare la melodia della solidarietà pura, beh, stavolta qualche stonatura la si avverte. Strumentale.