Questione di cittadinanza
“Non dobbiamo limitarci a conservare gelosamente quello che oggi possediamo, ma abbiamo il dovere di aiutare gli altri a ottenere quello che spetta loro.” – Debbie Ferguson
L’8 e il 9 giugno i cittadini italiani saranno chiamati a prendere parte al #referendum abrogativo in materia di lavoro e di cittadinanza. Gli aventi diritto decideranno se rispondere a cinque quesiti su questi #temi che comporteranno l’abrogazione di alcune #norme attualmente in vigore.
Si tornerà dunque a parlare di #cittadinanza a poco distanza di tempo dall’adozione da parte del Governo del cosiddetto “pacchetto cittadinanza”, l’insieme di norme che si occupa di prevedere requisiti più stringenti per l’ottenimento della cittadinanza da parte degli italo-discendenti residenti all’estero. Il principio giuridico dello ius sanguinis viene così ridefinito, consentendo soltanto ai discendenti di seconda generazione – ossia figli o nipoti di soggetti nati in Italia – di acquisire la cittadinanza italiana. Per non perdere la cittadinanza, è richiesto che i soggetti dimostrino di mantenere un rapporto concreto con il Paese, esercitando almeno un diritto o adempiendo almeno ad un dovere civico ogni 25 anni.
Se da una parte il comprovato legame parentale che il soggetto interessato deve avere a seguito di questa riforma con un cittadino italiano ai fini della cittadinanza riduce di molto la possibilità che questa possa essere ottenuta, l’intento del referendum abrogativo è quello di dimezzare i tempi richiesti dalla legge per la sua concessione ad un soggetto straniero residente in Italia.
Infatti il principio della #naturalizzazione prevede che le persone provenienti da Paesi extra-UE possano richiesta per essere considerati cittadini italiani dopo aver risieduto in Italia per un periodo continuativo di tempo non inferiore a 10 anni: a prevederlo è l’articolo 9 lettera f della legge n.91/1992, dettame legislativo che il referendum mira a modificare, riducendo il periodo di tempo richiesto a 5 anni.
Di fatto questa modifica non farebbe che accorciare la #durata della procedura da espletare, tenendo conto che, una volta ricevuta la richiesta, lo Stato italiano ha tre anni di tempo per pronunciarsi a riguardo. I requisiti della conoscenza della lingua italiana, del possesso di una adeguata e attestata capacità reddituale e dell’assenza di motivi ostativi alla sicurezza della Repubblica continuerebbero ad essere richiesti.
Degli esiti positivi del referendum beneficerebbero anche le persone minorenni provenienti da Paesi extra-UE: per loro infatti la legge non definisce la possibilità di ottenere autonomamente la cittadinanza e prevede che ciò sia possibile solo una volta ottenuta dai genitori o in caso di adozione da parte di cittadini italiani.
Sul tema le posizioni sono discordanti: c’è chi vede in questo referendum la possibilità di aprire le porte ad una maggiore integrazioni dei cittadini stranieri, permettendo loro di godere dei diritti e dei doveri previsti dalla nostra Costituzione, e chi invece guarda alla riforma con preoccupazione, temendo un flusso incontrollato di immigrati irregolari nel Paese.
A prescindere dagli esiti che potrà avere, questo referendum è una delle occasioni alle quali sarà possibile partecipare usando il voto da #fuorisede.
Sarà infatti possibile votare anche per coloro che per motivi di studio, lavoro o cure mediche si trovino nel comune di una provincia diversa da quella del comune di iscrizione elettorale per un periodo di almeno tre mesi in cui ricada la data della consultazione.
Per coloro che vorranno avvalersi di questa modalità di voto è necessario scaricare dal sito del Ministero dell’Interno, compilare e consegnare al comune del proprio domicilio la domanda di ammissione al voto fuorisede. Sarà possibile presentarla entro il 4 maggio, secondo modalità diverse da verificare previamente sul sito del Comune di riferimento. Alla domanda di ammissione dovrà essere allegata la copia di un documento d’identità valido, della tessera elettorale e di un documento che attesti le motivazioni di lavoro, studio o cure mediche (ad esempio il certificato di iscrizione all’università, il contratto di lavoro, un referto…).
A seguito della corretta proposizione della domanda di ammissione, il Comune di riferimento avrà tempo fino al 3 giugno per emettere l’attestazione di ammissione al voto, la quale conterrà la sede di #seggio presso la quale il soggetto che ha fatto domanda dovrà recarsi per votare.
Il giorno della votazione l’avente diritto che si recherà alle urne dovrà avere con sé l’attestazione di ammissione al voto rilasciata dal Comune di domicilio, la tessera elettorale e un documento d’identità.
✍️ Benedetta Conti