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BolzanoItalia

Leoni da tastiera: sanzioni fino a 12.000 euro e un anno di prigione

Quali sono i limiti legali dell’espressione del dissenso in rete? Ce lo spiega l’avvocato, attraverso gli esempi di tutti i giorni

Chi di noi non ha mai assistito – e magari anche partecipato – a qualche aspra battaglia a colpi di pungenti affermazioni sulle piattaforme social? Se fate parte del gruppo dei cosiddetti leoni da tastiera, questo articolo è per voi. Prima di ricascarci, è utile capire quali siano i confini invalicabili: se non ispirati dall’educazione, almeno per non finire nei guai. Se invece non fate parte di questa minoranza, mettetevi comodi, leggete serenamente questo pezzo e continuate così.

La doverosa premessa strutturale, è che i social media non sono e non devono essere considerati come un non-luogo, un Far West dove le regole del quotidiano non valgono. Al contrario: ciò che accade in queste stanze virtuali ci riguarda, e riguarda la legge a tutti gli effetti. Cerchiamo di digerirlo, prima di continuare.

INGIURIA E DIFFAMAZIONE LE IPOTESI DI REATO

Nell’era della rivoluzione digitale le prescrizioni dei codici giuridici hanno esteso la loro valenza anche all’ambito dei social media. Le due ipotesi di reato che riguardano critica e dissenso espressi parossisticamente sono l’ingiuria e la diffamazione.

A tutelare le vittime di ingiuria, in seguito alla depenalizzazione del reato avvenuta nel 2016, è rimasto il Codice Civile: “L’ingiuria, che si configura come offesa all’onore e al decoro di una persona presente, se provata, costituisce oggi illecito amministrativo”, spiega l’avvocato Sonia Liberti. Quindi, se venite insultati su Facebook, dove avete un profilo, o nel gruppo WhatsApp delle riunioni di condominio, avete diritto ad adire le vie legali, ma solo se non scendete al livello di chi vi offende ripagandolo con la stessa moneta. Ad attendere i maleducati al varco, fino a 12.000 € di multa. Da pensarci due volte, prima di esplodere.

L’avvocato Sonia Liberti

LE OFFESE SUI SOCIAL

“Il reato di diffamazione invece resta e si configura offendendo la reputazione altrui comunicando con almeno due persone in assenza dell’interessato” ci racconta l’avvocato. Perciò se qualcuno vi prende in giro per le orecchie a sventola su una piattaforma a cui non avete accesso – anche solo temporaneamente e contestualmente all’offesa- e almeno due persone leggono o ascoltano, siete stati diffamati.  

E cosa succede se -con tipica prassi social – visualizzo l’insulto e non rispondo? In quel caso sta al giudice decidere se ho sprecato la mia opportunità di farmi valere o se ho agito saggiamente, lasciando il bullo nel suo brodo, e merito di essere ristorato per il danno subito alla mia reputazione. “La decisione non è semplice, come pure parametrizzare la contestualità, che è uno dei criteri per la determinazione del reato in questione”, ricorda l’avvocato Liberti.

L’ANONIMATO NON SALVA GLI HATER

Se per caso state pensando di aprire un profilo anonimo per portare a termine i vostri disegni da hater, vi sconsigliamo di farlo: attraverso l’indirizzo IP di provenienza e qualche indagine è molto probabile che possiate essere scoperti.

Nemmeno scrivere e cancellare il post subito dopo è una buona soluzione per sfogare il proprio risentimento: se almeno due persone dovessero leggere quel pensiero disgraziato magari facendone uno screen-shot, e contestualmente il diffamato non avesse la possibilità di difendersi, siete fregati.

LE PENE PER CHI DIFFAMA

Immagino che a questo punto vi chiederete “Concretamente, cosa rischio se diffamo?” Ebbene, potreste avere fino ad un anno di reclusione per riflettere sulla vostra irruenza, o fino a 5000 € in meno sul conto in banca. Dalla vostra c’è il fatto che le procure sono troppo piene ed i tempi della giustizia molto diversi rispetto alla vertiginosa velocità dei social.

E’ importante, a questo punto, fare una distinzione tra l’attacco becero e senza contesto ad una persona e l’espressione di una critica puntuale all’operato di quello stesso soggetto, pregnante e non scortese. Se sarà questa la vostra modalità di espressione del dissenso, a difendere il vostro operato troverete niente di meno che la Costituzione, anche sui social. L’articolo 21, infatti, recita: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione” ed è quindi evidente come l’esercizio di un diritto escluda la punibilità. Quindi se la critica non trascende in denigrazione ed è, se pur aspra, contestuale e precisa, non gratuitamente offensiva e lascia spazio di replica, siete a posto.

IMPARARE A COMPORTARSI SUI SOCIAL

L’avvocato Sonia Liberti conferma la nostra sensazione che la legge presenti qualche lacuna, quando si tratta di social media e delle conseguenze di ciò che accade nel mondo virtuale, ma la soluzione non sta tutta nei codici: “Quello che manca è una cultura condivisa, una sensibilizzazione sull’utilizzo del mezzo e sul portato dei social media. E’ inevitabile trovarsi in situazioni impensabili solo qualche anno fa. Dobbiamo fare fronte con dei codici di comportamento e con l’educazione all’uso delle piattaforme.”

E se proprio vi scappa di dire di qualcuno che è un cretino, almeno usate il condizionale.

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