Il bimbo non dorme? Niente paura, non capita solo a voi
Se non siete riusciti a dormire una sola notte da quando vostro figlio è nato, state tranquilli: non siete i soli. La pediatra Chiara Di Giovanni e l’ostetrica Nadia Piroddi vi spiegano perché non dovete preoccuparvi
“Se parlare di igiene del sonno può essere utopistico a proposito di un bambino nato da pochi giorni, alcune accortezze potrebbero aiutare ad accompagnarlo al sonno e quindi alleviare la stanchezza di tutta la famiglia, mamma in primis”. Il medico pediatra Chiara Di Giovanni esordisce così e prosegue: “Le prime routine, assodate fin dall’inizio, possono aiutare il bimbo a rilassarsi e a facilitare la nanna. Sto parlando della poppata, del cambio del pannolino e delle coccole che accompagnano alla nanna. Un po’ alla volta i genitori capiranno come i periodi di sonno si alternino a quelli di veglia nei propri bambini e quali pratiche stimolino il rilassamento del bebè”.
Molto importante – regola che funziona anche per gli adulti – evitare l’esposizione a video terminali nel periodo precedente la nanna: gli schermi retroilluminati disturbano il nervo ottico e possono allontanare l’agognato momento della nanna: “E’ per questo che le ninne nanne disponibili online, con tanto di video animati, non possono avere l’effetto desiderato di distensione ed addormentamento. La stessa cosa vale per l’assunzione di zuccheri prima di dormire, un’altra pratica da evitare assolutamente e che posticipa l’addormentamento”.
LA SEQUENZIALITA’ STIMOLA IL RILASSAMENTO
DI Giovanni insiste sull’importanza della personalizzazione delle routine di accompagnamento al sonno: ogni famiglia e ogni bambino svilupperanno le proprie consuetudini, dalla voce che racconta una storia, in penombra, a quella che legge un libro o recita una filastrocca. “L’importante – sottolinea la pediatra – è la sequenzialità, cioè ripetere gli stessi comportamenti nel medesimo ordine, così che il bambino percepisca di stare entrando in una specifica fase e si rilassi nel tunnel delle sequenze conosciute”.
Nei primi anni, però, i tentativi dei genitori di indurre i propri bimbi ad un sonno più continuo e duraturo, possono andare incontro a molte frustrazioni, pur se la famiglia opera con le migliori intenzioni e rispettando alla lettera le buone norme dell’igiene del sonno. La dott.ssa Di Giovanni: “Sarebbe opportuno sganciarsi dalla visione occidentale della ricetta perfetta per cui da un dato input mi aspetto un preciso output. Il temperamento del bambino è indipendente da quello della mamma. Purtroppo, c’è la possibilità che si debba semplicemente aspettare – con molta pazienza – e attendere che il bambino cambi, che il suo sistema sonno-veglia maturi. Un bambino che non dorme fino ai tre anni non è malato, è solo la sua fisiologia”.
ATTENZIONE ALLE TECNICHE
Di Giovanni invita le famiglie che si sentono molto stanche a consultare il pediatra: “Molti genitori vogliono capire se stanno assumendo i comportamenti giusti. Altri hanno necessità di essere rincuorati, di sapere che non sono gli unici nella stessa situazione e che i loro bambini hanno bisogno di molto contatto – come è normale che sia – che non c’è da preoccuparsi se il bimbo non vuole lasciare il letto di mamma e papà. Nostro compito è anche quello di spiegare le regressioni, che cosa sono e in quali periodo usualmente si presentano”.
In questi ultimi anni il tema del sonno dei bambini è stato più presente sui media e sono diverse le figure di consulente del sonno che si propongono per aiutare la famiglia a superare i primi mesi o anni, talvolta molto provanti. La pediatra mette in guardia contro le tecniche che vengono proposte, spesso basate sul metodo Estivill: “Molti consulenti hanno ammorbidito questa tecnica basata sul lasciar piangere il bambino. Resta il fatto che non si può insegnare a dormire ad un bambino. Piuttosto, se la stanchezza è davvero tanta, si può pensare di ricorrere saltuariamente alla melatonina, dietro consiglio e controllo medico”.
PER CRESCERE UN BAMBINO CI VUOLE UN VILLAGGIO
L’ostetrica Nadia Piroddi, che insieme alla dottoressa Di Giovanni, ad una psicologa, un’attrice, una educatrice, una psicologa dello sviluppo e un’altra ostetrica opera presso il servizio All Together di La Strada – Der Weg, si concentra sull’importanza che la famiglia – intesa in senso ampio – sia solidale con la mamma e che presti aiuto nei momenti di maggiore difficoltà.
“L’allattamento – spiega Piroddi – può incidere sul sonno del bambino in molti modi. È vero che il latte artificiale è più pesante per la digestione rispetto a quello materno, ma ciò non significa per forza periodi di sonno più lunghi, anzi proprio la difficoltà ad assimilare può portare il bimbo a soffrire di coliche e a tanti risvegli dopo i quali non si può sempre ridare il latte. Ci sono diverse mamme che smettono di allattare pensando che la situazione del sonno migliorerà ma non sempre è così. Diversamente, allattare al seno stimola la produzione di melatonina nella mamma, che riesce più facilmente ad addormentarsi dopo aver dato la poppata e a volte anche durante. È proprio la mamma, nella famiglia, è la figura più sotto pressione, dal primo istante. Il papà dovrebbe essere molto presente per sostenere il nucleo e favorirne la serenità”.