Decreti di espulsione, eseguito il 20%
L’avvocato Sonia Liberti spiega in quali casi il provvedimento di espulsione può essere emanato e che cosa comporta
Nella Provincia di Bolzano il numero dei decreti di espulsione emanati negli ultimi anni è progressivamente cresciuto: dai 117 del 2022 ai 162 emessi nella prima metà del 2024.
Che cos’è un provvedimento di espulsione, a chi può essere comminato e per quali cause? L’avvocato penalista Sonia Liberti lo spiega. “Si tratta di un provvedimento amministrativo, emesso a carico del soggetto di nazionalità straniera per vari motivi. Il primo è il semplice fatto di non avere diritto a stare sul suolo italiano, in mancanza di un permesso di soggiorno che può non essere stato affatto richiesto, essere scaduto o essere stato revocato a causa della riconosciuta pericolosità dell’individuo per l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato.”
I CRITERI PER L’EMISSIONE DEL DECRETO DI ESPULSIONE
Se la prima categoria è individuabile oggettivamente, la pericolosità dell’individuo risente della valutazione dell’operatore. Il provvedimento, spiega Liberti, potrebbe giungere anche in seguito a condanne per fatti non gravi e non recenti, ad un soggetto che attualmente è integrato nella società, lavora e ha un alloggio fisso: “Ritengo che il giudizio, per essere equo, dovrebbe essere emesso sull’attuale pericolosità dell’individuo”, spiega Liberti.
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Anche un’abitazione non conforme alle esigenze familiari, tra le cause di espulsione: “In via teorica potrebbe capitare di essere raggiunti da un’ingiunzione di espatrio perché residenti in una casa con una metratura inferiore di pochi metri quadri rispetto alle necessità stimate. In casi come questi, direi che la valutazione del caso sarebbe più formale che sostanziale.”
LA PERMANENZA NEL CPR
Il provvedimento di espulsione può essere utilizzato anche come sanzione sostitutiva alla detenzione, nel caso in cui la pena da scontare sia inferiore ai due anni.
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In tutti i casi, se il soggetto non espatria autonomamente, in attesa di esecuzione coatta del provvedimento il destinatario viene inviato nei cosiddetti CPR, i centri di permanenza per i rimpatri, dove può essere trattenuto fino ad un anno: un tempo congruo per l’effettiva identificazione per alcuni, un periodo di inaccettabile limitazione della libertà per altri.
POCHI DECRETI ATTUATI
“L’espulsione – ricorda l’avvocato Liberti – non riguarda solo il territorio nazionale, ma quello Schengen: la conseguenza di un provvedimento è l’allontanamento da tutta l’area per un periodo che può durare dai 5 ai 10 anni e perdura fino all’ottenimento dei requisiti per il rientro. Chi rientra prima commette reato, anche se fosse per ricongiungersi ai familiari.”
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Tra fattispecie diverse e giudizi contrastanti in merito, quello che resta oggettivo è il numero limitato di provvedimenti eseguiti: la relazione della Corte dei Conti circa i rimpatri volontari o assistiti per il periodo 2018-2021, documenta che di 107.368 misure emesse, solo 21.366 sono state eseguite. “La difficoltà – spiega Liberti – sta nelle risorse dello Stato, che spesso non sono sufficienti e nella scarsa collaborazione dei paesi di provenienza.”