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Dall’asilo al campo estivo: che fine fa il periodo di inserimento?

Tra il lungo inserimento al nido e alla scuola dell’infanzia e la mancanza di mediazione nell’ingresso al centro estivo, qual è il modello vincente e come si può sopperire ad eventuali difficoltà? Lo spiega la pedagogista

A metà di giugno in provincia di Bolzano scatta l’ora X: quella in cui la scuola chiude ed i bambini si ritrovano catapultati nel mondo del centro estivo – quando le famiglie sono così abili da cliccare più velocemente delle altre per assicurare la collocazione ai pargoli – che sarà il loro punto di riferimento fino a settembre.

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Tuttavia, mentre l’asilo nido e la scuola dell’infanzia prevedono un inserimento cauto e curato, talvolta percepito dai genitori come persino troppo lungo a causa della difficile conciliazione con il lavoro, al centro estivo già il primo giorno la porta si chiude dietro a mamma e papà senza indugi.

La confusione, per bambini e genitori, è certamente lecita. Qual è, se c’è, il modello giusto per inserirsi in un nuovo ambiente?

IL CENTRO ESTIVO COME OPPORTUNITA’

“Inizierei con il delineare il centro estivo per quello che è: una buona opportunità di socializzazione per i bambini e una soluzione per i genitori che devono necessariamente collocare i figli nei mesi in cui il servizio scolastico è sospeso. La struttura deve essere di qualità, certo, ma non vorrei essere ingenerosa nei confronti di un’offerta che serve e che apporta benefici anche ai piccoli.” Nicoletta Tortora, pedagogista, continua: “I bambini, in questi centri, sperimentano giornate con meno vincoli rispetto alla normale programmazione scolastica, in una dimensione meno performativa e con tempi più rilassati.”

La pedagogista Nicoletta Tortora

Il disorientamento dei primi giorni, spiega la pedagogista, è compensato dall’apertura a nuove relazioni e dalla scoperta del nuovo: “Anche chi ha delle fatiche relazionali potrebbe avere l’occasione di conoscere nuovi compagni e compagne e quindi aprirsi a modalità relazionali nuove tra bambini e con gli adulti.” 

SUPPORTARE I BIMBI CHE FANNO FATICA AL CENTRO ESTIVO E’ POSSIBILE

Non è infrequente, però, che alcuni bambini soffrano l’ambiente estraneo, gli educatori ed i compagni sconosciuti. Un ambientamento graduale potrebbe venire in soccorso in questi casi? Tortora: “La ragione per cui nei centri non si formalizza il momento dell’ambientamento è che i bimbi sono alla fine di un anno scolastico; perciò, dovrebbero aver già introiettato il fatto di essere in un ambiente sicuro. Ma se il cambiamento dovesse essere molto radicale, è utile concordare con chi gestisce il centro la presenza un po’ più prolungata del genitore nella fase iniziale o il ritiro anticipato del bambino. Anche lasciare al bimbo un oggetto che possa rassicurarlo e ricordargli la mamma ed il papà, è una pratica possibile.”

Ciò che andrebbe sempre fatto con i bambini è anticipare, dialogando con loro, la variazione della routine che stanno per vivere, raccontando con tranquillità che potranno fare amicizia con nuovi compagni e vivere situazioni diverse dal solito. Se il genitore si mostra tranquillo e sereno, il bambino sarà meglio disposto.

ANTICIPARE E NARRARE IL CAMBIAMENTO

“Narrare il cambiamento, ripercorrendo le attività fatte al centro, aiuta soprattutto i bambini più piccoli. Niente di strano se saranno mamma o papà a immaginare le attività svolte durante la giornata: i bimbi possono non avere ancora gli strumenti per dettagliare, ma saranno affascinati dalla storia che sentiranno a cui potranno aggiungere elementi o correggerla in base al proprio reale vissuto.”

Immagine di freepik

A settembre si tornerà a scuola e per molte famiglie arriverà il momento dell’inserimento in nuove realtà. Esistono modelli alternativi rispetto al classico ambientamento in due settimane? Tortora: “Il modello svedese, dell’ambientamento partecipato, sta prendendo sempre più piede in Italia. Nonostante le resistenze iniziali delle istituzioni scolastiche, una volta provato difficilmente si torna indietro. SI tratta di concentrare le frazioni di tempo che si dedicano a questo momento in tre giornate piene: genitore e bambino entrano ed escono insieme dalla struttura, vivendo insieme tutti i momenti. Questo aiuta il bambino e a non avere paura dell’ignoto, dal momento che ha già vissuto sotto la tutela di mamma e papà ogni fase. Inoltre, c’è il vantaggio di vivere le relazioni, tra genitori ed educatori, tra bambini e adulti, in modo pieno. Questo sistema aiuta anche la conciliazione con il lavoro, anche se non è questo l’obiettivo.” 

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