Quanti sono i maschi vittime di femminicidio?
Il maschicidio, il fenomeno giornalistico che non esiste ma di cui molti parlano
Per spiegare che cos’è il maschicidio, è importante per prima cosa definire che cosa non è: l’altra faccia della medaglia del femminicidio. Il significato del termine “femminicidio” è stato definito dall’Accademia della Crusca come “qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuarne la subordinazione e di annientarne l’identità attraverso l’assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte“. E non ci vuole molto a capire che, con il maschicidio, i punti in comune tendono allo zero. Eppure si tratta di una parola molto usata, soprattutto in ambito giornalistico, per minimizzare una delle questioni più delicate e importanti del nostro Paese. Così, se scrivo un articolo di giornale dove una donna ha ammazzato un uomo e lo chiamo “maschicidio”, sarò in grado di prendere le distanze da un problema intrinseco della nostra società patriarcale, senza doverne riconoscere l’esistenza ed evitando ammissioni di colpa o la consapevolezza che tra femminicidio e “maschicidio” la differenza è abissale.
Si parla di maschicidio ? pic.twitter.com/edSPKeR4r7
— LucillaMariani (@LucillaMariani) August 20, 2022
QUINDI SONO SOLO GLI UOMINI AD UCCIDERE?
No, anche le donne compiono omicidi a danno degli uomini. Ma distinguere bene i due casi non significa pensare che nessun uomo venga ammazzato da una donna. Essere consapevoli di questo ci aiuta a capire come mai si parla solo di femminicidio, ma questa informazione viene spesso usata a proprio piacimento. C’è addirittura chi denuncia la mancata divulgazione di dati sul tema per “incriminare solo gli uomini quando le donne fanno lo stesso”. I dati, però, ci sono e smentiscono fermamente questa linea di pensiero. Secondo un’indagine resa pubblica dal Ministero dell’Interno, dall’inizio dell’anno fino al 22 agosto sono stati compiuti 88 omicidi in ambito familiare, di cui 66 con vittime di sesso femminile. Inoltre, gli omicidi compiuti da partner o ex partner sono stati 41, di cui soltanto due con vittime di sesso maschile.

I numeri dei generici omicidi volontari testimoniano un trend diverso (198, di cui 76 con vittime di sesso femminile), ma si sa che sono gli uomini quelli ad essere maggiormente coinvolti in queste situazioni, soprattutto a causa della criminalità organizzata. Saper leggere i dati e soprattutto saper riconoscere le circostanze in cui avvengono questi omicidi ci permette di evitare di scrivere titoli svilenti ed errati, come quello dell’articolo pubblicato da “Libero” nel gennaio di due anni fa. L’autrice stessa dell’articolo già nelle prime righe ci da due definizioni molto diverse di “femminicidio” e “maschicidio”, forte di un titolo che ha già conquistato l’attenzione dei lettori. I dati di cui si parla emergono dallo studio Violenza domestica e di prossimità, i numeri oltre il genere, curato da Barbara Benedettelli, ex candidata di Fratelli d’Italia e, guarda caso, tra i coniatori della parola “maschicidio”. Nessuno contesta il fatto che gli uomini vengano uccisi più delle donne, i dati stessi lo confermano. Ma quello che l’articolo non dice è che, tra quei 133 omicidi di uomini, una scarsissima percentuale è compiuta ad opera di una donna in un contesto di vita familiare o in ambito relazionale. Si tratta solo di uno dei molti casi in cui il fatto che la donna venga ancora vista come un oggetto su cui esercitare il proprio potere viene nascosto dietro terminologie errate e situazioni mal interpretate: così un uomo diviene vittima di maschicidio e il femminicidio non è più qualcosa di cui dobbiamo preoccuparci.
NASCONDERE IL FEMMINICIDIO SOTTO IL TAPPETTO
Quando si discuteva del Ddl Zan, il leader politico Matteo Salvini aveva rilanciato con una proposta di legge contro l’eterofobia, ossia tutti quei comportamenti discriminatori che trovano le loro spiegazioni nel fatto di avere a che fare con una persona eterosessuale. Ovviamente l’eterofobia non esiste e le forme di violenza che subiscono le persone eterosessuali non hanno radici nel loro orientamento sessuale. Questo giochino è lo stesso che viene utilizzato per poter assumere un atteggiamento di finta imparzialità e di attenzione verso la discriminazione del genere femminile e maschile, impedendo così di attuare norme e progetti che porterebbero ad una parità tra i sessi. Come dicevamo prima, non si tratta di negare apertamente un problema evidente, quanto piuttosto di affiancarlo ad altre questioni riconoscendone una natura fittizia comune. Se i politici utilizzano questo trucchetto per accaparrare i consensi di chi la pensa esattamente come loro, facendo valere il principio dell’ipse dixit per cui tutto quello che un esponente politico afferma è la verità, c’è chi utilizza alcune informazioni piuttosto che altre per avvalorare le loro convinzioni, creandosi un’immagine valida e affidabile sui social network: è il caso della pagina Facebook “Il Maschicidio“.
TUTTO QUELLO CHE NON VI DICONO
Nessuno vuole insinuare che questa notizia non sia vera, ma esaminando il profilo è evidente lo scopo di tutti questi articoli: associare il problema dei femminicidi ad un gruppo di “femministe del discount” (come le definisce l’autore dei post) che cerca di nascondere il fatto che anche le donne sono in grado di uccidere gli uomini. Inoltre, nella biografia della pagina, salta all’occhio la “missione” di colui che si cela dietro: “restituire la corretta visibilità ad articoli poco visibili sulla violenza di genere. Analizzare le tecniche e gli slogan della propaganda femminista, e gli effetti sulle menti delle persone. Combattere contro il pensiero unico, fatti alla mano”. Così, se i giornali mettono al centro solo i casi in cui gli uomini uccidono le donne, “Il Maschicidio” diventa paladino della giustizia maschile, l’unico ad essere sempre criticato e condannato. Ma l’autore non si ferma a questo e intervalla i casi di “maschicidio” con notizie in cui l’uomo interpreta “la parte del buono”, puntando silentemente il dito contro il genere femminile che lo accusa di essere capace solo di ucciderle.
RADICI PROFONDE
Non c’è poi molta differenza tra questo e pubblicare notizie di reati commessi da persone extracomunitarie per farne il capro espiatorio di tutto. Si tratta di una scelta accurata di cosa mostrare e di cosa nascondere, per dar motivo a chi legge queste notizie di credere che esista davvero un odio radicato nel genere femminile nei confronti di quello maschile. C’è chi spesso ha avvalorato questa tesi riconoscendo dietro un sentimento di rivalsa nei confronti di chi, nell’arco della storia, le ha ridotte in schiavitù e trattate come oggetti. Ma la verità è più semplice e non richiede di ricorrere a troppe congetture mentali: la parità fra i sessi è ancora troppo distante dalla realtà e parlare di femminicidio anzichè di omicidio di una donna è sintomatico di questa lontananza.