I parrocchetti di Bolzano sono un rischio?
Vista la mia esperienza di oltre tre decenni nella gestione di popolazioni di pappagalli in cattività e la mia costante attività di consulenza in programmi di conservazione e reintroduzione di pappagalli, in particolare in America Latina, ho letto con interesse le due o tre opinioni che si sono susseguite, sia sui social, sia su pubblicazioni più tradizionali, inerenti alla presenza di pappagalli invasivi nella città di Bolzano e mi è sembrato interessante vedere quanta curiosità hanno suscitato tali pubblicazioni, cosa che non era affatto scontata. Ora, anche se capisco bene che un pezzo pubblicato in Alto Adige, indirizzato ai lettori altoatesini, sia interessante soprattutto quando tratta degli argomenti locali, dobbiamo tenere presente che la presenza di specie non-native è un argomento che trascende i confini della città, e della provincia di Bolzano, e sta diventando un tema molto dibattuto in tutto il mondo.
Innanzi tutto, fra le specie non-native bisogna fare un distinguo fra quelle che non danno fastidio a nessuno (che di solito definiamo naturalizzate) e quelle che invece causano problemi (che in genere definiamo specie invasive). Un esempio di specie naturalizzata, che apparentemente non ha creato problemi all’ambiente dove è stata introdotta è il lavarello, o coregone (Coregonus sp.), nei grandi laghi prealpini. Sempre restando fra i pesci, una specie altamente invasiva è invece il Siluro (Silurusglanis), che dovunque sia stato introdotto ha causato gravi danni alle popolazioni ittiche locali.
Ma se vogliamo concentrarci sugli Psittaciformi (l’ordine zoologico che comprende Pappagalli, Parrocchetti, Cacatua, ecc), è importante ricordare che, secondo i database specializzati sul controllo delle specie aviari, come GAVIA, eBird e iNaturalist, 166 specie di Psittaciformi sono state osservate in natura in 120 Paesi o territori al di fuori dei loro habitat nativi. È inoltre da notare che tra queste, 60 specie hanno stabilito popolazioni “naturalizzate” (quindi senza un impatto importante sull’ambiente dove sono si sono stabilite), in almeno un Paese non nativo, per un totale di 86 Paesi o territori. Dati importanti, senza dubbio. C’è però anche da notare che di queste 60 specie, solo due sono effettivamente considerate “invasive” in Europa. E, guarda caso, queste sono proprio il parrocchetto dal collare(Psittacula krameri), di cui hanno parlato sia Alan Conti, sia la Drsa Ardizzone, e il parrocchetto monaco (Myiopsittamonachus) citato appunto dalla drsa Ardizzone. Se vogliamo preoccuparci, in Europa si contano almeno 85.000 parrocchettidal collare in 10 Paesi, compreso il Regno Unito, e almeno 25.000 parrocchetti monaci. La verità è che tali specie hanno iniziato la loro conquista dell’Europa fin dagli anni 60, ed effettivamente possono creare dei problemi sia alle specie autoctone, con cui ormai convivono, sia alle colture di alcuni vegetali.
Fra l’altro c’è un dibattito senza fine tra gruppi che vedono i problemi delle specie esotiche da prospettive diverse. Molte parti interessate vedono le specie non autoctone attraverso la lente del principio di precauzione, che richiede la rapida eliminazione delle specie esotiche prima che abbiano la possibilità di insediarsi. All’altro estremo ci sono gruppi che sostengono che non dovremmo preoccuparci più di tanto delle origini autoctone o esotiche delle specie, ma piuttosto accettare il fatto che le specie esotiche rappresentano la nostra nuova realtà ecologica e cercare di controllare solo le specie più dannose, siano esse autoctone o esotiche.
Ci sono però anche due buone notizie.
La prima è che la ricerca ci dimostra che la invasività di una specie, che viene in genere misurata come “pressione di propagazione”, è direttamente legata sia al numero degli eventi di fuga, sia al fatto che a fuggire siano uccelli catturati in natura, mentre i soggetti nati in cattività, se fuggono hanno pochissime probabilità di sopravvivere e riprodursi. Quindi è verosimile che la popolazione di Bolzano tragga origine da esemplari fuggiti nei primi anni ‘90. E probabilmente erano esemplari selvatici, catturati in natura.
La seconda buona notizia è che dal 2006 l’Unione Europea ha vietato l’importazione di uccelli selvatici, catturati in natura (e lo so bene perché facevo parte della commissione di esperti designati dalla Commissione Europea per dare un parere scientifico sull’argomento). Quindi, se fuggissero dei parrocchetti dal collare ora, potrebbero solo essere esemplari nati in cattività, con pochissime probabilità di sopravvivere in Alto Adige.
C’è infine un altro dato interessante, che non è né buono, né cattivo. Esiste in biologia una legge che dice: se l’ambiente X può dare sostentamento a Y esemplari della specie Z… lo farà. E questo è un dato importante, che ci spiega sia perché la popolazione di parrocchetti dal collare di Bolzano resta numericamente stabile (l’ambiente “Bolzano” può mantenere circa un centinaio di Parrocchetti), sia perché è praticamente inutile pensare di contenere la popolazione di parrocchetti, perché, o li eliminiamo tutti, o la loro popolazione crescerà rapidamente, fino a raggiungere i livelli attuali.
Dr. Lorenzo Crosta, medico veterinario,
Dottore di ricerca (PhD),
GP Cert (ExAP)
Diplomate American College of Exotic Pet Medicine
Diplomate European College of Zoological Medicine
EBVS European Specialist in Zoological Medicine (ZHM)