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I veterinari altoatesini salvano il pappagallo Rio in Brasile

Da più di venti anni i veterinari Lorenzo Crosta e Petra Schnitzer sono i medici del progetto di reintroduzione in natura dell’Ara di Spix in Brasile. Ventitrè anni fa erano spariti con soli esemplari in cattività: nel 2024 si sono involati i primi pulli nati da una coppia reintrodotta nell’habitat originale in Brasile.  “Vi raccontiamo l’emozione di salvare una specie”

Ci sono il cuore e le competenze di due veterinari italiani nella salvezza di un pappagallo meraviglioso nel cuore del Brasile. Si tratta dell’Ara di Spix e da più di un decennio è un impegno costante dei dottori italiani Lorenzo Crosta (milanese di nascita e meranese per matrimonio) e Petra Schnitzer (meranese). Sono i veterinari di riferimento nel percorso mondiale di reinserimento in natura di questo animali. Un lavoro che in questo 2024 ha portato ad uno straordinario risultato dopo anni di dedizione: la prima coppia di piccoli di Ara di Spix cresciuta in natura si è involata. Uno squarcio di serenità dopo tanto tempo a rischio scomparsa e con individui cresciuti solo in cattività. Un pappagallo che, forse per molti in modo inconsapevole, è pienamente nell’immaginario collettivo globale. Per capirci Rio del famoso film Disney, che molti credo essere un Ara giacinto, è esattamente un’Ara di Spix.

La difficile situazione di partenza

Una storia, dunque, che inizia da lontano e che sono gli stessi Crosta e Schnitzer a raccontarci. “All’inizio degli anni ’90 il governo brasiliano prende in mano la situazione critica degli Ara di Spix e chiede a tutti i proprietari privati di segnalare il possesso di questo animale. Un monitoraggio finalizzato ad avere un quadro preciso della distribuzione, scarsa, sul territorio”. In natura, infatti, le prospettive non sono proprio rosee. “Risultava libero un esemplare maschio che faceva coppia con un’Ara Maracanà. Una femmina di Ara di Spix fu riabilitata per l’immissione in natura e andò ad unirsi in un trio con gli altri due. Morì poco dopo probabilmente per una collisione con le linee dell’alta tensione”. Tutto da rifare, insomma e solo con esemplari in cattività. Peraltro nemmeno tutti in Brasile. “Allora ne contavamo 75 di cui 20-25 in Brasile e il resto all’estero, in particolare nelle Filippine presso un allevatore che presto vendette tutto a un emiro del Qatar particolarmente appassionato. La situazione era particolare perché in Qatar vi era un numero maggiore di esemplari ma tutti già imparentati tra loro mentre il Brasile ne aveva meno ma con più varietà genetica contando su 12 soggetti fondatori (provenienti dalla natura e non imparentati). Teniamo conto che un singolo Ara Spix può valere tra i 100 e i 500.000 euro”. Ci fu un accordo di gestione con una piccola ridistribuzione di alcuni esemplari tra cui un maschio che, nel 2001, finì al Loro Parque di Tenerife in Spagna dove già si trovava una femmina e alla direzione aveva proprio Crosta. “Fummo molto bravi e nel giro di tre mesi avevamo le prime uova destando l’interesse di chi si occupava del progetto di reintroduzione. Da lì le Ara di Spix non mi hanno più lasciato”.

Da 70 a 250 esemplari con le reintroduzione in natura

Nel 2016 a Londra lo sceicco del Qatar appassionato di pappagalli morì improvvisamente creando uno scompenso. “Fortunatamente Martin Guth, fondatore e presidente di ACTP di Berlino (Association for the Conservation of Threatened Parrots), riuscì a prendere tutti gli esemplari qatarioti proteggendoli con la normativa CITES e avviando un progetto di reintroduzione di spessore. Come curatore scientifico in Brasile fu scelto Cromwell Purchase e a Berlino a tessere le fila posizionò il bravissimo biologo Vladislav Marcuk”. Il ruolo di Crosta e Schnitzer divenne qui sempre più importanti. “Tutti i controlli medici degli esemplari furono affidati a noi. Da allora teniamo costantemente monitorate le Ara di Spix”. Crosta segue maggiormente le analisi endoscopiche per valutare lo stato riproduttivo (e non solo) degli animali mentre Schnitzer si occupa prevalentemente degli esami ecografici, particolarmente difficili sui volatili. “Non è un lavoro particolarmente difficile perché non si tratta di animali più delicati di altri. Lo diventa quando sai che tieni costantemente sotto controllo lo stato di salute dei pochissimi esemplari rimasti al mondo di una specie”. L’assetto, comunque, funziona molto bene e le Ara di Spix passano da 70-80 al mondo a 250 con 20 nuovi esemplari rilasciati in natura nel nord-est del Brasile. Rio torna così a popolare la nostra terra e oggi viaggia a un ritmo riproduttivo commovente. “Quest’anno abbiamo già avuto 43 nuovi nati, che potrebbero ancora aumentare. Per la seconda volta, siamo riusciti ad avere delle nascite in natura, ma per la primissima volta due piccoli nati dalle coppie reintrodotte nel 2022 si sono involati da poco. Emozionante”.

I rischi di bracconaggio

La domanda che sorge spontanea è quanto sia concreto il rischio di bracconaggio visto il valore di ogni singolo esemplare di Ara di Spix. “E’ un pericolo reale ma è stato fatto un lavoro culturale molto intelligente. Quella regione del Brasile, infatti, è molto povera e sin dalle scuole è stato organizzato un percorso educativo per parlare ai bambini dei pappagalli blu. Viene spiegata la loro rarità e il grande ruolo di richiamo eco-turistico che hanno. Di fatto la popolazione sa benissimo che la presenza dell’Ara di Spix nella zona è l’elemento determinante per continuare a contare sui benefici portati dal turismo. Sono i primi a controllare che siano tenute bene. L’area dove vive questo animale, inoltre, è molto ridotta e il monitoraggio serrato. Il controllo è, in un certo senso, più facile”. Quanto può vivere, in media, un esemplare di Ara Fix? “I nostri calcoli fissano la vita media in 35 anni. Abbastanza in linea con le specie simili. Quello che ha messo maggiormente in difficoltà questi animali è il loro essere estremamente specialisti e selettivi per le condizioni di sopravvivenza. Non sono, per intenderci, delle poiane che trovano il modo di resistere ovunque. Inoltre è possibile reintrodurle solo in specifiche zone del Brasile dove hanno sempre vissuto perché farlo in altre zone del mondo con parametri climatici simili significherebbe innescare tutti i pericoli precipui di un inserimento di una specie alloctona. Sono, infine, animali piuttosto schivi”. E’ possibile, quindi, che ce ne siano altre altrove che non abbiamo mai scoperto? “In linea teorica è possibile ma in pratica è decisamente improbabile. Tutte le aree vagamente simili a quella dove vivono sono comunque molto battute e nessuno ne ha mai avvistata una. Siamo praticamente certi di aver salvato le ultime Are di Spix del mondo”.

Le foto sono di ACTP

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