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Profilazione genetica canina, che fine fanno i nostri dati?

Dalla fine di gennaio anche i Comuni parteciperanno alla raccolta del DNA dei cani e delle informazioni sui relativi proprietari. Da un punto di vista di privacy e trattamento dei dati, vediamo come si dovranno muovere

E’ di oggi la notizia che saranno (anche) i Comuni a doversi occupare della profilazione del DNA dei cani, mettendo a disposizione i propri locali per il prelievo dei campioni. E saranno poi gli stessi Municipi – questa la dichiarazione dell’assessore Schuler nel comunicato diramato oggi dalla provincia di Bolzano- a compilare l’archivio contenente i dati di 4 zampe e padroni.

E sì, perché insieme alle informazioni relative al DNA dei nostri animali da compagnia, ci saranno anche i nostri dati nel registro.

LA RACCOLTA DATI E’ LEGITTIMA MA VA PRESENTATA L’INFORMATIVA COMPLETA

Abbiamo chiesto ad Andrea Repetto, Data Protection Officer ed esperto in privacy, se c’è qualche aspetto rilevante da tenere presente:“La normativa sulla privacy prende in considerazione solo i dati personali delle persone fisiche; quindi, non ci sono problemi per la collezione dei dati dei cani. Quello, però, che è da tenere presente è che i dati dei proprietari – quelli sì protetti da legge – sono associati a quelli degli animali. L’identificazione è legittima, perché c’è una base giuridica che è l’obbligo di legge, ma devono essere prese delle misure per la raccolta.”

Immagine di grmarc su Freepik

L’informativa completa, innanzitutto, che deve indicare chi è il titolare del trattamento dei dati, le finalità, i soggetti terzi con cui eventualmente i dati possono essere condivisi ed il periodo di tempo in cui questi dati vengono conservati.

IL FURTO DEI DATI METTEREBBE IN PERICOLO 40.000 ANAGRAFICHE

“Non è invece necessario esprimere il proprio consenso alla raccolta, perché si tratta, appunto, di un obbligo di legge a cui adempiere secondo l’articolo 6 del Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati europeo (RGPD). Una considerazione invece va fatta in merito all’articolo 32 dello stesso regolamento, ossia la sicurezza del trattamento dei dati. Parliamo di un archivio potenziale di 40.000 soggetti che in caso di data breach, cioè di violazione e furto dei dati, permetterebbe ai malfattori di entrare in possesso e vendere illecitamente tutte queste preziosissime informazioni per finalità di marketing.” C’è, insomma, da augurarsi che le misure prese per la protezione dei dati siano massicce ed efficienti.

Immagine di Freepik

Date le difficoltà nel portare avanti questa iniziativa e le forti opposizioni riscontrate nell’opinione pubblica anche esperta, è lecito chiedersi cosa dovrebbe succedere ai dati raccolti nel caso in cui la legge venisse abrogata. Repetto: “L’archivio che non può essere utilizzato va distrutto. La conservazione di dati non utilizzati costituisce una procedura illecita”.

Stefania Cosimi

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