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Il veterinario Mulè: “Uccidere l’orso non risolve nulla”

Il veterinario Vincenzo Mulè, esperto nella cura degli animali selvatici, interviene sulla delicata discussione sulla gestione dell’orso: “Insensato abbatterli così come inserirli per marketing senza educare. Per Messner è un problema di spazi? I numeri dicono il contrario”

di Alan Conti

Da ieri ha un nome l’orso che ha ucciso il runner Andrea Papi, 26 anni, sul Monte Peller vicino a Cles. Anzi l’orsa. Si tratta di JJ4, femmina di 17 anni che nel 2020 era stata oggetto di un’ordinanza di abbattimento della Provincia di Trento per l’aggressione e il ferimento di due cacciatori. Esecuzione sospesa in seguito al ricorso di Oipa ed Enpa. Ironia del destino: è figlia di Jurka e Joze (quando ancora agli orsi si davano nomi e non sigle) che furono catturati in Slovenia e rilasciati in Trentino per popolarlo di plantigradi tra il 2000 e il 2001. Sul territorio, insomma, i genitori ce li ha messi la Provincia di Trento. La stessa che ora vuole abbattere la figlia e che nel settembre 2022 le ha messo un radiocollare che sei mesi dopo non funziona più.

L’orso JJ4 catturato nel 2020 dopo l’aggressione sul Monte Peller

L’esempio di Stati Uniti e Canada: più preparazione

Sulla delicata vicenda interviene il veterinario Vincenzo Mulè, uno dei maggiori esperti di cura degli animali selvatici visto il suo impegno pluriennale nel Crab bolzanino (destinato a tornare a breve nella zona bonificata di Castel Firmiano). Non solo, è anche delegato regionale per il Trentino Alto Adige della Sivae (Società Italiana Veterinari Animali Esotici). La sua clinica è in via dei Vanga ma ha un ambulatorio anche a Sarnonico in Val di Non e conosce la realtà trentina. “Trovo assurda questa caccia alle streghe con la volontà di abbattere questi animali. Una spinta emotiva che, tuttavia, non ha alcuna logica etologica o scientifica. Attenzione, nessuno vuole sminuire il dramma accaduto e siamo i primi vicini alla famiglia di Andrea Papi ma non è così che la Provincia di Trento può sperare di risolvere il problema o semplicemente educare alla montagna”. Già, il ragionamento parte proprio da lì: dalla consapevolezza dei pericoli dell’ambiente naturale. “Una delle prime cose che ti insegnano nei corsi del Cai è che dirigersi in montagna da soli è molto pericoloso per tutta una serie di pericoli e complicazioni che possono insorgere. Bisogna essere molto preparati e, anche in quel caso, sarebbe comunque da evitare. Possibile che il nostro territorio dopo aver introdotto l’orso non abbia mai minimamente pensato ad accompagnare tutto questo ad una educazione globale su come si convive con questo animale? Ucciderlo per la propria manifesta impreparazione non ha senso”. Quindi ci vorrebbe una sorta di patentino per muoversi da soli in montagna? “Non è un’idea così strampalata. Anzi, è molto seria. Paesi come il Canada e gli Stati Uniti possono insegnarci molto sulla convivenza con i predatori. Mi viene da aggiungere che ne sanno anche di più. Bene, in molti dei loro Stati per muoversi negli ambienti dove vivono questi animali bisogna aver frequentato dei corsi”.

Il presidente della Provincia Maurizio Fugatti in conferenza stampa su JJ4

Questione di spazi? No, di cultura

La gestione dell’orso del Trentino, comunque, da molti viene criticata. “Mi perdoni – continua Mulè – ma è sotto gli occhi di tutti il controsenso. Hanno voluto inserire una specie del tutto differente da quella originaria andando a pescarla da altri Stati nell’Est Europa e imponendola all’ecosistema. Una gigantesca operazione di marketing turistico perché l’orso attira. Ditemi qual è il simbolo nel logo del Parco Adamello Brenta? Ecco. Ora, però, scoprono che l’orso è anche pericoloso e decidono di ucciderlo. La gestione è schizofrenica. Allora eliminiamo gli squali dalle acque dell’Australia oppure sterminiamo le vipere nei nostri boschi. Non ha senso”. Reinhold Messner, che di andare in montagna in solitaria se ne intende, sostiene che il territorio regionale sia troppo piccolo per garantire una buona convivenza tra lupi, orsi e uomo. “La superficie del Trentino Alto Adige è 13.606 chilometri quadrati, quella dell’Abruzzo 10.763 chilometri quadri. Sbaglio o in Abruzzo gli uomini convivono con l’orso marsicano e il lupo? Forse i numeri dicono che il problema non è proprio quello. Spesso parliamo di trasferire gli orsi in Slovenia (soluzione migliore dell’abbattimento) ma l’intero Paese sloveno ha una superficie di 20.273 chilometri quadrati. Trentino Alto Adige ed Abruzzo sommati la superano. Non è una questione di spazio ma di gestione. Anzi, di cultura”.

Il logo del Parco Naturale Adamello Brenta

La proposta di un’applicazione

Un’altra proposta che strizza l’occhio all’innovazione potrebbe aiutare. “Perché non pensare ad un’applicazione che monitori la posizione in tempo reale degli orsi?” si chiede Mulè. “Con la tecnologia dei radiocollari e del gps ormai non dovrebbe certo essere complicato e permetterebbe a tutti gli escursionisti di essere informati sulla posizione di questi animali per evitare di incontrarne lungo i loro itinerari. A quel punto si potrebbe sensibilizzare la popolazione ad utilizzarla”. Un’ultima considerazione, infine, è di carattere generale sull’amministrazione. “Quando la Provincia di Trento prende iniziative dovrebbe consultare di più enti che al loro interno hanno fior di esperti. Penso alla Sivae che conta oltre 700 veterinari esperti di fauna esotica e selvatica vantando professori universitari di fama mondiale. Sono loro gli interlocutori giusti. Si parli con loro”.

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