Ha senso boicottare Coca Cola contro i dazi?
Sui social si sta diffondendo un invito al boicottaggio dei prodotti Coca Coca in Italia. Abbiamo approfondito alcune informazioni importanti per capire se una protesta simile contro i dazi USA abbia efficacia oppure no.
Ha senso boicottare i prodotti di Coca Cola per protesta contro i dazi imposti dall’amministrazione USA di Donald Trump? Un quesito che è stato sollevato sui social su cui proviamo a dare qualche informazione senza entrare nel merito delle opinioni soggettive.
Il primo datore di lavoro
Coca Cola con Coca-Cola Italia e Coca-Cola HBC Italia ha una presenza significativa nel tessuto economico italiano. Nel 2022 ha generato un valore condiviso di 1,2 miliardi di euro pari allo 0,06% del PIL nazionale. L’azienda è il primo datore di lavoro nel Paese nel settore delle bibite e delle bevande. Ha otto sedi e sei stabilimenti produttivi (rispettivamente Nogara, Oricola, Marcianise, Rionero in Vulture, Roccaforte Mondovì e Gaglianico).
Gli occupati e i fornitori locali
In Italia Coca Cola conta un totale di 27.000 posti di lavori diretti e indiretti e oltre 60.000 persone in Italia che beneficiano dei redditi generati. Il tutto, secondo uno studio della SDA School Management di Bocconi, con buste paga più remunerative della media italiana (+8% per gli impiegati, +12% per i quadri e +14% per gli operai). Sempre secondo Bocconi degli 1,2 miliardi di valore generato nel nostro Paese si contano 628 milioni di euro destinati ad aziende e fornitori locali collaborando con 1.463 fornitori di cui l’82% sono micro-medio o piccole imprese. Un esempio? L’utilizzo del 100% di arance italiane per il prodotto Fanta.
Le imposte di Coca Cola
A livello di imposte Coca-Cola ha destinato allo Stato Italiano 424 milioni di euro nel 2022. Boicottando i prodotti del gruppo in Italia ecco che il rischio è di colpire l’economia italiana in termini di impatto occupazionale e di forniture locali. Il gesto potrebbe quindi avere un impatto molto limitato sulle politiche statunitensi mentre potrebbe influenzare negativamente alcune filiere locali.
I brand in Italia
I brand di Coca Cola in Italia, comunque, sono diversi oltre all’omonima bibita. Al consumo si trovano anche Sprite, Fanta, Kinley (acqua tonica), Fuzetea, Powerade e le acque Lurisia e Lilia. Quali sono, però, i rapporti tra Coca Cola Italia e Coca Cola USA? Il rapporto tra Coca-Cola Italia e The Coca-Cola Company (USA) è strutturato in modo da separare le attività di proprietà del marchio e formulazione (che fanno capo agli Stati Uniti) da quelle di produzione, imbottigliamento e distribuzione (affidate a operatori locali).
I rapporti tra Coca Cola USA e Coca Cola Italia
Ancora più nel dettaglio The Coca-Cola Company Usa è proprietaria dei marchi, fornisce la formula concentrata della bevanda, supervisiona il marketing globale e concede la licenza d’uso a quelli che chiamiamo imbottigliatori. Coca-Cola Italia è la divisione commerciale italiana che coordina le attività di marketing locale, la comunicazione istituzionale e le relazioni con media o stakeholder italiani senza occuparsi direttamente della produzione. Coca Cola HBC Italia, infine, è il principale imbottigliatore autorizzato e fa parte di Coca-Cola Hellenic Bottling Company che è una società indipendente in Svizzera. Si occupa di produzione e imbottigliamento, distribuzione ai punti vendita, logistica e servizio clienti. Boicottando il prodotto, dunque, si boicotta anche un importante player svizzero e non statunitense.
Il fatturato italiano conta il 2%
Quanto incide, infine, il fatturato italiano su quello global di Coca Cola. Difficile dare una stima esatta non avendo un dato specifico per singoli Paesi. Sappiamo, però, che il fatturato Coca Cola global nel 2024 è stato di 47,1 miliardi di dollari e quello attribuito all’Europa è di 8,12 miliardi di dollari pari al 17,2% del totale. L’Italia sta logicamente dentro questo 17% in misura minore. Possiamo però prendere il dato di Bocconi da 1,2 miliardi e declinarlo ottenendo una fetta di mercato del 2,38% a livello globale e del 12,3% sul totale europeo.
Conclusioni
Boicottare Coca Cola, dunque, significa anche boicottare un importante filiera e datore di lavoro italiano oltre a un’azienda svizzera di servizio. Come protesta verso gli USA incide all’interno di un 2% (nell’utopia di coinvolgere un intero Paese di consumatori) del fatturato globale della singola impresa. Coca Cola Company, infine, ha espresso forti preoccupazioni sulla politica dei dazi che imporrà un +25% di costi sull’alluminio con cui produce le lattine influenzano negativamente i margini di profitto. Il CEO James Quincey ha infine minimizzato spiegando che “in ogni caso i dazi non dovrebbero alterare radicalmente un’azienda multimiliardaria come Coca Cola”. La strategia è quella di una gestione attenta dei costi e di diverse dinamiche di produzione: non si parla, al momento, di scarico di nuovi costi verso il consumatore.
✍️ Alan Conti