Silvia Pomella: “La mia Maturità? Arrabbiata con una scuola ossessionata dal voto”
“Allora com’è andata?”. E’ la domanda più scontata che si possa fare ad uno studente che sta sostenendo la Maturità. Chiacchierando con Silvia Pomella, diciottenne Alfiere della Repubblica per il suo impegno nel volontariato e per aver parlato liberamente della sua giovanissima lotta alla depressione, realizziamo piano piano che è pure una domanda sbagliata. Perché la Maturità deve anche essere un bel momento di crescita, di riflessione e di bilancio. Non solo un risultato o un voto. Così ci racconta il suo esame al liceo Pascoli. A metà del guado tra scritti ed orali.
Facciamo un bilancio degli scritti?
“Insomma – ride – possiamo anche sorvolare. Diciamo che sono giorni di grande tensione”
Andiamo per gradi allora. Che traccia ha scelto per la prova di italiano?
“Ne ho iniziate tre poi due le ho stracciate tenendo per buona l’argomentazione sui cambiamenti climatici. Avevo provato anche le difficoltà dell’identità digitale e la pandemia ma preferivo un tema più centrato e specifico. Le dico la verità: non penso sia andata proprio bene”
E il tema di indirizzo come seconda prova?
“Ho scelto una traccia sociologica che mi ha permesso di ragionare sul concetta di welfare di Stato. Pregi, difetti e se ne valga ancora la pena”
E ne vale ancora la pena?
“Sì, alla fine sì. Ho elencato moltissime criticità sulla sua applicazione ma è innegabile che un sistema di assistenza debba esserci da parte di uno Stato”
Torniamo alla Maturità. Momento delicato anche dal punto di vista psicologico…
“Momento difficilissimo. Sa qual è la più grande distorsione di tutto questo?”
Che gli adulti si dimentichino della loro emozione banalizzando sempre l’esame delle generazioni successive?
“Sì anche – sorride – ma prima di tutto il voto. Questo sistema dei crediti strutturato in modo così matematico è ossessivo. Come è andato l’esame di Maturità ormai lo indica un numeretto e tutti siamo ossessionati dal raggiungerlo. Esiste solo quello. Si pensa solo alla valutazione. Quando fai il tema di italiano, per esempio, a schiacciarti sono le aspettative: sapere che appena finito un mondo intero di affetti e conoscenze ti chiederà come è andata cercando di capire se raggiungerai un bel voto. Perché nessuno chiede mai come è stato viverlo? Che emozioni ci sono state e come ci sentiamo? Se dentro sappiamo di aver dato tutto? Mi chiedo se sia davvero il voto l’unica cosa che conta”
No.
“Ecco, appunto. Però tutto il sistema dice il contrario. Quello che conta è solo se riuscirai a raggiungere 15 o 25 punti. O ancora 70, 80, 90 o 100. Il percorso umano di crescita conta poco, la sensazione di aver affrontato una prova dando comunque tutto non vale se non corroborata dal voto. Questa è una stortura, rendiamocene conto”
Ho una brutta notizia: all’Università sarà anche peggio…
“Lo so, però cambia l’età e forse anche il modo di approcciarsi. Basare tutto sul voto di ogni esame o della laurea è ugualmente una banalizzazione enorme. Io farò Giurisprudenza a Firenze: è a numero aperto e il voto del diploma conta poco però non è certo per questo che mi schiero contro l’ossessione del voto”
Sottrarsi, però, può anche essere un alibi…
“Solo in un ragionamento superficiale e banale. Qui siamo ad un livello più profondo. Qualche giorno fa ero a Pescara a dialogare di salute mentale con alcuni ragazzi, molti coetanei. Ha idea di quanti sono schiacciati mentalmente dall’aspettativa per un voto? Quanti appiattiscono tutto alla valutazione scolastica? Ci sono le personalità competitive che reggono benissimo questa pressione e quelle più deboli. Ragazzi e ragazzi che arrivano a farsi delle auto lesioni per un voto mancato. Dobbiamo lavorare per evitare questo. Se sei stato bravo devi dirtelo tu in autonomia: se hai dato tutto sei stato splendido altrimenti potevi fare di più. Questo è ciò che conta”
Avrebbe indossato la maglietta “La scuola italiana fa schifo”?
“Bella domanda. Ci ho pensato sa dopo aver letto cosa è accaduto ad Enna. Alla fine no, non l’avrei indossata per rispetto di molte persone che nella scuola lavorano. Se parliamo di istituzione, però, io sono arrabbiatissima con la scuola”
Perché?
“Perché è immobile nel suo tempo, incapace di innovarsi e di essere il futuro della società. Ferma e stantia: per colpa sua e per colpa di chi la organizza. Torno sulla salute mentale per fare un esempio. Qui la scuola è incapace di creare una rottura, di rompere un tabù: perché non vengono inseriti nei piani curriculari dei percorsi per parlarne liberamente? Per dire semplicemente ragazzi, avere dei problemi di questo tipo è normalissimo e comunissimo? No, la scuola preferisce nascondersi ipocritamente dietro agli sportelli degli psicologi e ai percorsi che sono sempre e comunque qualcosa di esterno. Nella mia scuola la lista per iscriversi ai dialoghi con lo psicologo viene custodita in un cassetto e ci si prenota con le iniziali per paura del pregiudizio. Le sembra un buon lavoro di salute mentale? Un successo di libertà?”
Torniamo alle più banali questioni tecniche della Maturità. Le è mancata la prova scritta di tedesco?
“Il mio giudizio è un po’ condizionato dal mio essere bilingue. A me è mancato lo scritto perché mi piace argomentare ma per altri può essere più semplice affrontare solo il parlato. Dal punto di vista dello studio è più complicato adesso perché devi essere preparato su tutto il programma mentre prima era un tema più libero”
La Maturità è ancora un momento di bilanci?
“Sì, assolutamente. Vuole il mio””
Se vuole…
“Vorrei vivere di più l’aspetto intimo della fine di un percorso. La sua emozione più che la sua valutazione. Lascio, invece, una scuola eccessivamente legata alla prestazione ad ogni livello e cieca di fronte ad alcuni cambiamenti che sono urgenti. Nelle scuole lavorano molte splendide persone che potrebbero essere valorizzate umanamente molto di più. E’ ora che la scuola parli apertamente della salute mentale ai suoi ragazzi altrimenti non ci saranno cambiamenti e le conseguenze saranno drammatiche. Mi sembra ancora incredibile che dopo la pandemia non si sia fatto niente. Incredibile”.