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Valanghe, pericolo marcato in Alto Adige: “L’airbag può salvare la vita dall’asfissia”

Dopo il tragico incidente in Val Chedul rimane marcato il pericolo valanghe in Alto Adige. Abbiamo sentito il ricercatore dio emergenza in montagna Giacomo Strapazzon: “Gli airbag e i device che permettono di guadagnare tempo respirando aria non danneggiata sono la strada da seguire nella ricerca”

di Alan Conti

Sono sempre gravi e stazionarie le condizioni del maresciallo istruttore dei carabinieri Giovanni Andriano travolto l’altra mattina da una slavina in Val Chedul. All’ospedale San Maurizio di Bolzano il milite cinquantenne si trova in coma e si segue con apprensione l’evolversi del quadro clinico con una prognosi che è, ovviamente, riservata. Ore di ansia anche per la moglie e il figlioletto di quasi cinque mesi con cui Andriano vive ad Ortisei nel cuore della sua amata Gardena. Giovanni è un esperto di montagna e una guida alpina certificata. Aveva volutamente anticipato i due commilitoni (tra cui una donna) per controllare se ci fossero pericoli in un passaggio delicato. Eppure è stato tradito. Colpa, anche, delle debolissime nevicate di questo inverno perché l’equazione “meno neve uguale meno pericolo” può sembrare intuitiva ma è molto lontana dalla realtà.

“Poca neve pericolo maggiore”

“Le poche precipitazioni – spiega Giacomo Strapazzon, Head of Institute dell’Istituto per la medicina d’emergenza in montagna all’Eurac – paradossalmente rendono il quadro più pericoloso. Al suolo, infatti, gli strati che dovrebbero essere più duraturi e stabili sono in realtà meno solidi e compatti. Capita così che la neve fresca si accumuli sopra superfici instabili. Se a questo aggiungiamo il forte vento che è spirato nei giorni scorsi ecco che la situazione diventa molto seria. Non a caso il bollettino di questi giorni presenta un grado 3 di pericolo marcato. Siamo in presenza di accumuli di neve fresca ventata e neve vecchia a debole coesione che creano le condizioni per distacchi. Specie, è ovvio, in corrispondenza dei pendii”. Quindi le condizioni ideali per abbattere i pericoli di valanga sarebbero molta neve e poco vento? “In linea di massima sì. Negli ultimi due giorni, invece, sono caduti da 30 a 50 centimetri di neve e il vento è stato da forte e tempestoso”.

Gli airbag con 150 litri di ossigeno

Andriano è rimasto parecchi minuti sepolto sotto tre metri di neve e quando è stato estratto aveva una temperatura corporea di 25 gradi. Strapazzon e il suo team si occupano proprio della ricerca e dell’innovazione per rendere meno drammatiche situazioni come queste. “Prima di tutto dobbiamo dire che il pericolo maggiore sotto una slavina è quello della morte per asfissia e non per congelamento o ipotermia. Non essendoci ricambio con l’esterno, infatti, si inizia a respirare l’aria appena espirata con forte concentrazione di anidride carbonica. Ripetendo in continuazione questo ciclo si arriva a non avere più disponibilità di ossigeno”. Su questo aspetto la tecnologia progredisce. “Stanno dando evidenze importanti gli airbag che si azionano nel momento in cui si viene travolti. Ora ne esistono anche capaci di gonfiarsi con ossigeno. Significa poter disporre di un serbatoio anche di 150 litri per respirare aria pura sotto la neve. Si calcola che questo possa garantire anche 60-90 minuti senza significative alterazioni nella respirazione sotto la coltre”.

Il device per deviare l’anidride carbonica

Altri strumenti sono in fase di sperimentazione. “Esiste – conclude Strapazzon- anche un device che possiamo descrivere come una lunga cannuccia che permette di respirare di fronte a sé ed espirare dietro le spalle cercando di guadagnare tempo prima di deteriorare l’aria a disposizione. Anche in questo caso c’è della letteratura che riporta di sopravvivenze oltre l’ora ma si tratta di uno strumento più complesso dell’airbag perché spesso nella valanga si è letteralmente immobilizzati senza la possibilità di muoversi”.

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