Siamo ancora innamorati della proporzionale etnica?
La proporzionale etnica continua a dividere l’Alto Adige e si conferma, nei dati, apprezzata ma non certo amata in modo incondizionato come nelle descrizioni di alcuni partiti. Il nuovo Barometro Linguistico decennale dell’Astat, pubblicato oggi, restituisce infatti un quadro complesso e stratificato, dove accanto a un riconoscimento diffuso del ruolo che il sistema ha avuto nel garantire equilibrio tra i gruppi linguistici, emergono con forza dubbi e percezioni divergenti, soprattutto all’interno del gruppo italiano.
Il primo dato significativo riguarda la pacifica convivenza. Due terzi degli altoatesini, il 66%, ritengono che la proporzionale contribuisca a mantenerla. Ma quando si analizza il risultato per gruppi linguistici, le differenze diventano marcate: oltre il 70% dei tedescofoni e dei ladini concorda con questa affermazione, mentre tra gli italiani la quota scende al 53%. La maggioranza resta favorevole, ma con un entusiasmo molto più contenuto rispetto agli altri gruppi. Un dato che, forse, fa più impressione letto al contrario: il 47% degli italiani pensa che la proporzionale etnica non contribuisca particolarmente alla pacifica convivenza.
La distanza cresce ulteriormente su un altro punto delicato, quello della qualità percepita dei servizi pubblici. A livello provinciale, il 56% della popolazione teme che la proporzionale possa avere effetti negativi sul funzionamento dell’amministrazione. Gli italiani si mostrano nettamente più critici: il 65% considera il sistema un potenziale ostacolo alla qualità dei servizi. Il dato appare in contrasto con la percezione del gruppo tedesco, dove la maggioranza non condivide questa preoccupazione. Forse perché, mediamente, l’apice di controllo della qualità di alcuni servizi è più nelle mani del gruppo tedesco rispetto a quello italiano. In virtù proprio della proporzionale che, a questo punto, potrebbe essere alfa e omega di questa preoccupazione.
Anche la valutazione sull’attualità della proporzionale in un’Europa senza frontiere accentua la distanza tra i gruppi linguistici. Nel complesso il 46% degli altoatesini ritiene che il sistema sia ormai superato, ma tra gli italiani questa convinzione diventa maggioritaria e molto forte, raggiungendo il 69%. I tedescofoni, al contrario, mostrano un atteggiamento quasi speculare: solo il 36% pensa che la proporzionale sia anacronistica. I ladini si collocano a metà strada, con un giudizio più equilibrato ma in ogni caso più vicino ai toni prudenti del gruppo tedesco che alla severità del gruppo italiano. È possibile che la parte tedesca avverta questa misura come più tutelante anche rispetto al complesso europeo.
Più ampio e trasversale, invece, è il consenso verso l’idea che la proporzionale favorisca la popolazione di tutti e tre i gruppi linguistici. Qui l’accordo generale raggiunge il 65% e non presenta spaccature significative. Ma quando la domanda riguarda i benefici per ciascun singolo gruppo linguistico, le differenze riemergono con forza. Gli italiani sono la componente che più di tutte ritiene che la proporzionale favorisca il gruppo tedesco: è una percezione condivisa dal 57% degli intervistati italiani, contro percentuali molto più basse tra tedeschi e ladini. Specularmente, solo il 38% degli italiani pensa che il sistema favorisca il proprio gruppo linguistico, a conferma di un senso di squilibrio che non trova riscontro negli altri gruppi. È che non trova particolare riscontro nemmeno nella rappresentanza politica italiana tutta piuttosto benevola con la proporzionale etnica.
Nel complesso, il Barometro Astat conferma dunque un Alto Adige che resta diviso sul significato e sul futuro della proporzionale. Ma mostra anche un elemento ulteriormente rilevante: la gran parte degli elementi di criticità si concentra nel gruppo linguistico italiano, che appare il più distante dal modello, il più sospettoso verso i suoi effetti e il più incline a ritenerlo datato. Mentre tedeschi e ladini, pur con sfumature diverse, continuano a vedere nella proporzionale un pilastro ancora attuale della convivenza e dell’autonomia, tra gli italiani prevale un giudizio più severo, alimentato dalla percezione di una minore tutela e da un’idea crescente di asimmetria.
L’Autonomia perfetta che spesso celebriamo, dunque, mostra un dato che stride: una delle sue colonne normative principali viene considerata asimmetrica da uno dei gruppi che questa Autonomia dovrebbe tutelare. E l’asimmetria, in certi contesti, tutto è meno che perfezione.
✍️ Alan Conti

