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Hai compilato il tuo testamento biologico?

Parlare della fine della vita non è mai semplice. Spesso, anzi, è un argomento che tendiamo a rimuovere, a rimandare, a confinare nella sfera del “capita agli altri”. Eppure, è proprio affrontandolo con lucidità e consapevolezza che si può compiere un gesto di amore verso se stessi e verso i propri familiari. Perché sì, morirò anche io che sto scrivendo questa intervista e morirai anche tu che la stai leggendo. 

Con questo spirito nasce il progetto “A disposizione” dell’associazione Il Papavero: ogni giovedì mattina, nella sede di piazza Firmian a Bolzano, sarà possibile incontrare l’ex primario di cure palliative del San Maurizio, Massimo Bernardo, per un dialogo personale sulla compilazione delle Disposizioni Anticipate di Trattamento (DAT), il cosiddetto testamento biologico. Gli incontri sono su prenotazione al numero 0471/913337.

Dottor Bernardo, di cosa si tratta in concreto?

“Parliamo di scelte che ognuno di noi dovrebbe fare quando affronta la fine della vita usufruendo delle Disposizioni Anticipate di Trattamento. Purtroppo meno dell’1% della popolazione compila questo documento, che invece è fondamentale. Con questi incontri vogliamo guidare chi lo desidera nella compilazione del DAT, spiegando con calma i vari aspetti e facendo in modo che le persone si sentano a proprio agio”.

Come si svolgeranno gli appuntamenti?

“Abbiamo allestito una stanzetta tranquilla, proprio per creare un contesto sereno. La compilazione di per sé non richiede molto tempo, ma noi ci prenderemo il tempo necessario per approfondire temi delicati come l’alimentazione o la respirazione assistita. Nel documento si specificano i trattamenti più o meno invasivi che si desiderano o meno e c’è anche la possibilità di nominare un fiduciario a cui rivolgersi”.

Perché è così difficile affrontare questo passaggio?

“Perché la morte rimane un tabù. È un argomento che affrontiamo solo quando diventa cronaca nera o occasione di ironia. Ma quando si tratta della nostra, subentra una repulsione che ci porta a rinviare. Così però rischiamo di non fare nulla, con conseguenze drammatiche: i nostri familiari possono trovarsi a dover prendere decisioni difficilissime in tempi rapidi, senza sapere davvero cosa avremmo voluto. Ed è bene ricordarlo: non vale riferire verbalmente le proprie volontà ai parenti o scriverle su un foglio. Conta solo il DAT, che ha anche valenza internazionale. Compilarlo significa essere padroni delle proprie scelte quando non saremo più pienamente presenti”.

Un gesto quindi che va oltre la sfera personale.

“Assolutamente. È un atto di amore non solo per i propri affetti ma anche per i curanti, che si trovano davanti a indicazioni chiare. Non lasciare ambiguità significa alleggerire chi ci sta accanto in un momento già di grande sofferenza”.

A Bolzano è già possibile accedere a pratiche previste dal testamento biologico, come la sedazione palliativa profonda.

“Sì, è un’opportunità consentita dalla legge. Se il paziente ritiene le sofferenze intollerabili, può richiederla: viene addormentato e trascorre il resto del tempo dormendo. Non è una pratica che abbrevia la vita, semplicemente il tempo viene vissuto in sonno e non in veglia”.

Il tema delle cure palliative resta centrale.

“Il Financial Times ha calcolato che implementandole si risparmierebbe il 50% della spesa attuale per esami e terapie che non cambiano il destino del paziente. Le cure palliative andrebbero iniziate molto prima e non solo all’ultimo momento. In Alto Adige il 65% dei malati oncologici riesce ad accedervi, ma tra i non oncologici la percentuale scende a meno di uno su tre. Le strutture ci sono e si stanno ampliando grazie al Pnrr, ma serve far capire alle persone che il servizio non significa “gestire la fine”, bensì prendersi cura quando la situazione precipita, accompagnando paziente e famiglia in un percorso di dignità”.

In sintesi, perché compilare le DAT?

“Perché è un modo per restare padroni delle proprie scelte, anche quando non saremo più in grado di esprimerle. È un gesto di responsabilità verso se stessi, verso i familiari e verso i medici. In definitiva, un atto di amore”.

✍️ Alan Conti 

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