BZ News 24
homeItaliaPolitica

Quando il non voto è sanzionato

Le elezioni ci ricordano non solo i diritti, ma le responsabilità della cittadinanza in una democrazia. (Robert Kennedy)

La notizia della scarsa affluenza degli aventi diritto al referendum dell’8 e 9 giugno ci conferma un trend che negli ultimi anni sta crescendo sempre di più: i cittadini italiani preferiscono astenersi che andare a votare. C’è chi lo fa con l’intento di mandare un chiaro messaggio di sfiducia nei confronti della classe politica vigente e chi invece tacendo acconsente a mantenere le cose così come stanno (com’è successo per questo referendum abrogativo). Non mancano inoltre gli aventi diritto che, pur giocandovi un ruolo fondamentale, sentono il mondo della politica come qualcosa di distante dalle loro vite personali. Ricordiamo che solo i referendum abrogativi richiedono obbligatoriamente un quorum da raggiungere per poter essere validi. Ma gli italiani hanno dimostrato un interesse sempre più scarso anche nei confronti delle elezioni politiche: nel 2022, quando si è stati chiamati a rinnovare i membri della Camera e del Senato, l’affluenza è stata del 63,91%, la percentuale più bassa mai registrata.

Tra gli scontenti dei recenti risultati alle urne, c’è chi ritiene che la soluzione sarebbe quella di rendere il voto, attualmente un diritto e un dovere del cittadino al quale però può sottrarsi senza conseguenze, un obbligo sanzionato in caso di inadempimento.

Un’idea che andrebbe a modificare completamente l’impianto del nostro sistema elettorale e che per questo motivo appare di improbabile concretizzazione nel breve termine, ma che qualora dovesse diventare realtà non costituirebbe un caso isolato.

Sono diversi infatti i Paesi che hanno alla base delle proprie realtà politiche l’obbligatorietà di presentarsi alle urne o addirittura di votare, molti dei quali prevedono pesanti sanzioni in caso di violazione. È il caso del Belgio, dove la singola mancata votazione viene sanzionata con una multa dai 40 agli 80 euro, capace di arrivare a 200 euro a seguito di ripetute votazioni. Qualora non si dovesse andare a votare per 4 volte in 15 anni, l’ordinamento belga prevede la possibilità di perdere la capacità di votare per 10 anni. Si tratta di ingenti sanzioni che però finiscono nella maggior parte dei casi per non essere applicate, cosa che accade anche in Grecia. 

Il Lussemburgo è di fatto l’unico Paese europeo dove l’obbligo di voto viene rispettato, complice anche il fatto che la popolazione si attesta intorno ai 600mila abitanti.

Una piccola multa è prevista anche in Australia, dove dal 1924 il prezzo per coloro che non si recano alle urne è di 20 dollari australiani e vi è la possibilità di giustificare l’assenza. Nonostante il carattere simbolico della sanzione, quello australiano è un sistema che dal Novecento in poi è stato caratterizzato da un’alta e stabile affluenza degli aventi diritto.

Ci sono Paesi invece dove le sanzioni hanno un peso maggiore e si traducono nella perdita del diritto di accesso ai servizi erogati dallo Stato: è ciò che succede in Brasile, dove se per una assenza alle urne la multa è dI valore equivalente a 70 centesimi, in caso di recidiva si rischia di non poter ottenere il passaporto, di non potersi iscrivere alle università pubblica o di non poter richiedere un prestito statale.

L’obbligo di voto può assumere in altri contesti anche significati e finalità ulteriori.

Mentre in Ecuador il dover votare è visto come un strumento di equità tra i cittadini, al punto tale che lo Stato si attiva per poter fornire programmi che facilitino la partecipazione alle urne delle fasce più svantaggiate, in Corea del Sud assume il ruolo di mezzo di controllo sociale da parte del regime: sulla scheda data ai votanti viene infatti indicato soltanto un candidato e qualora si volesse votare l’opposizione è necessario recarsi in una cabina apposita, non potendo così di fatto esprimere un voto segreto.

✍️ Benedetta Conti 

Are you sure want to unlock this post?
Unlock left : 0
Are you sure want to cancel subscription?