Cosa vuoi fare da grande?
Quando chiediamo a un bambino o una bambina “cosa vuoi fare da grande?” ci aspettiamo sempre un mestiere come risposta.
Ma perché?
Se ci dovesse rispondere “l’astronauta” andrebbe bene ma se dovesse ribattere “disegnare” ci sentiremmo quasi spiazzati.
Per quanto possa sembrare banale è indicativo di una mentalità sociale che sta, però, cambiando (nemmeno troppo lentamente). Decenni di aspirazione al “lavoro della vita” ci hanno educato a cercare una strada che avesse un incasellamento professionale come sbocco.
L’obiettivo è il mestiere.
Sicuri che debba essere proprio così?
I giovani mi incuriosiscono sempre molto e stanno progressivamente incurvando l’aspettativa rispetto alle risposte a questa domanda. Oggi è lecito ribattere con un talento.
“Cosa vuoi fare da grande?”
“Scrivere, disegnare, parlare a un microfono, progettare, aggiustare, curare, contrattare, creare”.
Sta lentamente passando l’idea che il mestiere può e deve modellarsi alle capacità migliori dell’individuo. In questo le vituperate nuove tecnologie aiutano moltissimo.
È una rivoluzione copernicana e una stella polare, a mio parere, anche della scuola. Il percorso non deve per forza portare a un mestiere ma ad una dote da trasformare in professione. Che sembra lana caprina ma forse non lo è.
Forse, tra qualche anno, avremo più gente che lavora con il sorriso.
E non mi pare poco.
✍️ Alan Conti