Se il clima cambia la colpa è dei gamberetti
Il Climate Lab del Washington Post offre gratuitamente una piattaforma interattiva che rivela l’impatto ambientale dei cibi che consumiamo. Attenzione: non tutto è come ce lo aspettiamo
Non solo emissioni di gas serra, ma effetto sull’acqua, sul suolo e sulla flora e la fauna locali. Il sito del Washington Post Climate – The Washington Post compara i diversi cibi e si offre di indicare quelli a più basso impatto ambientale. Sembra semplice, ma gli impatti analizzati sono tali e tanti che spesso si scopre come un alimento amico della natura per certe sue caratteristiche, possa invece diventare un grande pericolo per l’ambiente, quando se ne osservano altre.
È il caso, ad esempio, delle materie prime vegetali prodotte con l’agricoltura: vittime e carnefici della scarsità delle risorse idriche disponibili.
Ma i paradossi non si fermano qui e le sorprese, navigando sul sito, non tardano ad arrivare.

L’OLIO DI PALMA MEGLIO DELLE VERDURE
Prendiamo il da sempre discusso olio di palma e confrontiamolo con le sane verdure che – ci hanno detto – dovremmo consumare in 5 porzioni al giorno, insieme alla frutta. Ebbene: l’impatto ambientale della nostra insalatina risulta essere 88 volte più alto rispetto a quello dell’olio di palma. Addirittura, 14.000 volte quando si parla di consumo di acqua.
Comparando riso e tonno, invece, scopriamo che la distanza nell’effetto sull’ambiente non è siderale: il riso risulta solo 16 volte più sostenibile, e soltanto 11 quando si parla di emissioni di gas serra. Il rapporto è invece incredibilmente ribaltato quando si tratta di impatto sulle risorse idriche: il tonno si attesta sull’estremità sostenibile della scala, mentre il riso si allontana dalla parte dei cattivi.
Argentina approva #soia #OGM sviluppata da azienda locale, con due tratti combinati: resistenza erbicidi (#HR) e tolleranza alla siccità (#DT).#GMOhttps://t.co/v548BLj1Tm
— OGM Italia (@ogmitalia) November 5, 2018
LA SOIA SOSTENIBILE
In cima alla lista dei peggiori ci sono i gamberetti allevati, in compagnia sul podio di altri prodotti ittici cresciuti per le nostre tavole. A metà classifica invece scoviamo le verdure e, tra i cibi con meno impatto ambientale, troviamo inaspettatamente la soia, che nell’immaginario collettivo sconta ancora la cattiva reputazione guadagnata con il tema OGM negli anni ’90.
Tante ancora le curiosità con cui si viene in contatto comparando le nostre fonti nutritive sul sito del Washington Post: come il latte di capra che risulta avere un impatto ambientale maggiore rispetto alla carne di pollo, il cacao che disturba l’habitat naturale più di un allevamento di maiali o il salmone, che fa peggio all’ambiente della monocultura del frumento.
L’effetto di queste nuove conoscenze potrà anche essere destabilizzante sulla nostra dieta, ma qualche nota positiva c’è: se per produrre cacao serve meno acqua che per crescere i legumi, possiamo smettere di sentirci in colpa per l’ultimo cioccolatino appena mangiato.