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Bolzano: ogni 36 ore una donna subisce violenza

Dal 2015 il Protocollo Erika permette alle donne in situazioni di violenza di essere riconosciute ed aiutate dagli operatori di settore. Ecco come

I numeri della violenza a Bolzano non si discostano dal resto d’Italia. Il centro d’ascolto antiviolenza Gea rileva che nei primi 10 mesi del 2022, 231 donne si siano rivolte ai propri uffici in cerca d’aiuto. Di queste, 151 sono nuovi contatti, mentre 81 proseguono con percorsi di fuoriuscita da situazioni di violenza iniziati precedentemente.

L’età di chi cerca aiuto per sfuggire a situazioni di violenza è estremamente differenziata, come pure la provenienza geografica ed il ceto sociale. Gli abusi segnalati sono anch’essi vari: si va dalla violenza fisica a forme più sottili ma non meno pericolose, quali lo stalking, la violenza economica ed emozionale, o un insieme di tutte quelle citate. Il partner o l’ex partner è, il più delle volte, il responsabile dell’inferno in cui queste persone sono intrappolate. 

IL PROTOCOLLO ERIKA

Per offrire maggiore tutela alle donne che vogliono sfuggire ad una situazione di violenza, da un’intesa tra pronto soccorso, forze dell’ordine e centro antiviolenza nel 2015 nasce il Protocollo Erika. Inizialmente testato nel comune di Bolzano, da due anni è stato esteso a tutto il territorio provinciale. L’obiettivo è quello di favorire una comprensione e adottare un linguaggio comune a tutti gli operatori, così da riconoscere chiaramente i segnali di una violenza subita – chi si presenta al pronto soccorso può scandire il nome “Erika”, per rendersi ancora più palesemente riconoscibile, ma la sua situazione verrà comunque identificata, grazie alla formazione degli operatori – e di offrire alla donna la possibilità di accesso diretto ad un ambulatorio protetto, senza il suo eventuale accompagnatore.  

Con la presa in carico da parte dei sanitari, alla paziente viene offerta la possibilità di entrare in contatto con il centro antiviolenza. Se questo è il desiderio della donna, una operatrice la raggiungerà in ospedale, proponendo anche di contattare le forze dell’ordine. Secondo il protocollo d’intesa, il ricovero può protrarsi fino alle 72 ore, dando al centro la possibilità di trovare per la donna ed eventuali minori, una situazione abitativa confortevole, ma soprattutto ad un indirizzo riservato.

Christine Clignon, presidente di Gea (ph. c. Manuela Tessaro)

L’EDUCAZIONE AL CENTRO

Christine Clignon, presidente di Gea, sottolinea l’importanza della formazione per gli operatori del settore: “Saper comprendere la situazione dai segnali impliciti che presenta, offrire riservatezza a chi ha bisogno di aiuto e favorire così una presa in carico il quanto più possibile rapida, sono elementi fondamentali nella lotta alla violenza contro le donne.”

Altrettanto importanti sono i progetti di educazione scolastica, perché di violenza bisogna parlare, se si vuole davvero tentare di estirparla dalla società: “Con Gea lavoriamo nelle scuole superiori. E’ importante che i ragazzi capiscano come riconoscerla e da dove arriva. Ma ancora prima viene l’educazione all’affettività”.

COME RICONOSCERE LA VIOLENZA

Chiediamo, allora, quali sono i campanelli d’allarme di una situazione che sta diventando pericolosa. Clignon: “Ci tengo a sottolineare che una situazione di violenza non è un conflitto, ma si identifica in un rapporto stabilmente in disequilibrio di potere. La tendenza al controllo – del cellulare, delle frequentazioni, degli spostamenti – deve immediatamente far capire che qualcosa non va. Anche quando è mascherata da premura, la situazione che mette la donna in posizione di sudditanza o isolamento, è da valutare molto attentamente: mi riferisco all’offerta di non lavorare per seguire la famiglia o all’imporsi del partner come unica persona in grado di capirci e di sostenerci, in mezzo ad una giungla di persone da evitare e da cui proteggersi.”

A Bolzano, il centro antiviolenza Gea sostiene chi vuole uscire da una situazione di violenza: la cooperativa, tutta al femminile, gestisce i servizi di aiuto alle donne che vogliono una vita diversa, per se stesse e per i propri figli. Chi volesse dare un contributo economico, può fare una donazione. Queste risorse verranno impiegate per sostenere i bisogni primari di queste donne e per la gestione della Casa delle Donne, un luogo protetto in cui trovare rifugio.

Christine, un ultimo messaggio? “Che dalle situazioni di violenza, con il giusto supporto, si può uscire.”

Qualunque donna che abbia subito o assistito a violenza può rivolgersi a Gea. Per contattare la cooperativa basta telefonare al numero 0471 51 33 99 o scrivere una mail a:
info@casadelledonnebz.it. In caso di urgenza il numero verde 800 27 64 33​​​​​ è attivo 24 ore al giorno.

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