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Coach Villa: “Il ciclismo italiano su pista merita un dieci”

di Stefano Rossi

Se l’Italia del ciclismo è tornata competitiva, o meglio lo è realmente diventata, anche su pista, lo si deve in particolar modo a un solo volto, quello silenzioso di Marco Villa, commissario tecnico delle Nazionali di ciclismo su pista maschili e femminili, che con la sua tenacia e il suo continuo “tentare” senza arrendersi mai, ha reso l’Italia grande anche all’interno dei velodromi.

Per riportare in alto il tricolore ha dovuto lavorare silenziosamente e poi provare, tentare, sbagliare, convincere, seguire strade impervie, affrontarle e superarle. Sbagliare (di nuovo) e allora tornare indietro, ricominciare e ripartire. Gestire un’Italia inadeguata al mondo delle due ruote, a un’Italia senza velodromi al chiuso, eccezion fatta per quello di Montichiari, a un ciclismo che vive della strada e il resto è secondario. Marco Villa, ex corridore e pistard – capace di vincere due Mondiali nella Madison in coppia con Silvio Martinello – si è rimboccato le maniche e ha costruito un movimento della pista forte e valido. Agli ultimi Mondiali di ciclismo su pista, nel velodromo di Saint Quentin en Yvelines – a una quarantina di chilometri da Parigi – l’Italia ha chiuso seconda nel medagliere, alle spalle della sola Olanda, e questo risultato ne è la dimostrazione. Merito del ct ma non solo. Anche di un Elia Viviani trascinatore che ha fatto scuola su strada e poi da maestro e apripista sui parquet dei velodromi per tutti gli azzurri. Di un Filippo Ganna “fuori categoria” che entusiasma e ha saputo avvicinare tanti ragazzi alle due ruote. Di un movimento giovane, fresco, che ha voglia di crescere, sprintare e vincere.

CT come valuta il secondo posto nel medagliere agli ultimi Mondiali su pista? 

“A chi me lo ha chiesto ho sempre dato voto 10. Per la lode mi dispiace per il secondo posto, dietro la Gran Bretagna, del quartetto maschile nell’inseguimento a squadre”.

Pur dovendo convivere con il “problema” della strada, ovvero abbinare gli impegni su pista alle corse su strada, l’Italia ha saputo cogliere agli ultimi Mondiali ben quattro medaglie d’oro. Martina Fidanza ha saputo bissare la maglia iridata dell’anno precedente, dimostrandosi la regina dello scratch. Le ragazze hanno poi saputo conquistare il primo posto anche nel quartetto, al loro primo tentativo. Tra gli uomini Elia Viviani si è confermato l’uomo chiave della pista, conquistando l’oro nella corsa a eliminazione, la sua specialità. Infine Filippo Ganna – recente detentore del record dell’ora – ha vinto la finale tutta azzurra dell’inseguimento individuale, mettendosi alle spalle il connazionale e amico Jonathan Milan, facendo registrare oltretutto il nuovo record del mondo.

Guardando le gare in tv si sente spesso dire dai telecronisti che: “Fino a qualche anno fa in questa specialità l’Italia nemmeno esisteva”. Lei che cosa ne pensa e come valuta questi passi in avanti?

“Abbiamo trovato gli uomini, come abbiamo trovato le donne. Poi abbiamo cercato di far scuola, di far un sistema, di trovare una metodologia che si adattasse anche al nostro tipo di fare ciclismo, che in Italia si basa sul fare tanta strada. Da lì sono partito e ho cercato di non portare via troppo tempo alla strada ma di usare gli atleti forti su strada anche in pista”.

A cosa si è lavorato in particolare per rendere l’Italia una nazione competitiva anche su pista?

“A fare degli allenamenti in pista che restituissero gli atleti competitivi anche per la strada, un sistema dell’allenamento provato negli anni. Quando sono diventato commissario tecnico nessuno mi ha detto come fare per vincere un’Olimpiade col quartetto. Mi sono fatto le mie esperienze, a volte sbagliando, tornando indietro, cercando la strada giusta e lasciando quella sbagliata. Vari bivi, varie rotonde, a volte si sbagliava e si tornava indietro, adesso diciamo che ho un sistema”.

La cultura ciclistica in Italia è piuttosto indietro, veda anche la mancanza di velodromi. Lei cosa ne pensa e su cosa si dovrebbe lavorare?

“Diciamo che velodromi aperti ne abbiamo, manca qualche velodromo indoor che ci aiuterebbe soprattutto ad affinare una certa metodologia di gara, la quale – a volte – è diversa da una gara all’aperto. Gli indoor sono piste un po’ più piccole e per interpretare le gare ci vuole una mentalità diversa. Forse questo ci manca un po’ e poi la comodità di avere un velodromo chiuso nelle vicinanze ci permetterebbe di far girare anche i giovani in sicurezza, lontano dalle intemperie dell’inverno. Avvicinare i ragazzi alla pista, avendo una pista indoor che te li porta in inverno, aiuterebbe molto”.

La vittoria o il risultato che l’ha emozionata di più agli ultimi Mondiali?

“Non mi piace fare distinzioni perché ogni vittoria è stata particolare, un’emozione a sé e non voglio differenziare l’una dall’altra per il rispetto dei miei atleti”.

Per quanto riguarda gli atleti altoatesini, Matteo Bianchi ha fatto registrare il nuovo record italiano nel chilometro con il tempo di 59.460…

“È da quando è juniores che porta risultati e progredisce. Il chilometro ne è la dimostrazione e questo fa ben sperare. Il chilometro però non è una specialità olimpica e uno che fa 59 in mille metri per me può essere competitivo sia nel keirin che nella velocità, entrambe specialità olimpiche. Deve crescere ma le attitudini ce le ha”.

Sempre parlando della nostra regione, nel corso dell’anno ha fatto molto bene anche Mattia Predomo, un po’ più giovane di Bianchi. Come lo vede in prospettiva?

“È un ragazzo che quest’anno ha vinto tutto. La stagione scorsa ha fatto vedere che aveva tante qualità e quest’anno ha raccolto. L’anno prossimo inizia una nuova avventura, in una nuova categoria, però ha dimostrato che nelle gare di velocità e nel keirin ci sa fare. Logicamente bisogna migliorare perché chi troverà dall’anno prossimo in poi saranno atleti che hanno qualcosa in più. Deve migliorare ma le caratteristiche e le attitudini per eccellere nelle prove veloci le ha tutte, lo aspettiamo a braccia aperte, ci voleva un velocista così. È un elemento che va ad aggiungersi a Bianchi, Napolitano ecc. e avere già 4-5 atleti che si confrontano e si allenano insieme è buono. Visto che vogliamo ripartire con la velocità, credo che sia una buona ripartenza e farà bene a tutto il gruppo”.

I prossimi obiettivi del ct Marco Villa?

“L’obiettivo di un commissario tecnico, visto che un mandato va da Olimpiade a Olimpiade, sono sicuramente i prossimi Giochi Olimpici (ndr Parigi 2024). Ci arrivo da due vittorie consecutive (ndr l’oro olimpico di Elia Viviani a Rio 2016 nell’Omnium e l’oro del quartetto maschile a Tokyo 2020), è un attimo far peggio. Spero di non peggiorare e di portare ancora quell’entusiasmo che ho ai miei atleti. E oltre all’entusiasmo anche la voglia di vincere e di far bene”.

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