Whatsapp contro Telegram: la sfida tra una grande azienda ed una startup
BOLZANO. Il 2021 è iniziato col botto, una sorta di guerra fredda, passateci il termine, a livello tecnologico tra i due competitors. Una competizione a suon di aggiornamenti con lo scopo di accaparrarsi una maggior fetta di mercato l’una rispetto all’altra. Mentre Mark Zuckerberg, proprietario tra gli altri di Whatsapp, ha messo in atto una strategia aggressiva, iniziando un percorso di affiliazione alle sue app a trecentosessanta gradi e dando priorità su tutto al fattore pubblicità, Pavel Durov continua il suo processo di scalata a livello mondiale relativo al numero di utilizzatori dell’app Telagram, aggiornandola costantemente e cercando di mettere a disposizione funzionalità sempre più avanzate. Non ha mancato di farlo sapere a tutti l’altro giorno quando gli utenti Telegram hanno ricevuto un messaggio in-app che comunicava il superamento dei 500 milioni di utenti attivi nel mondo, contenente una call to action che li invitava a dare il benvenuto agli ultimi arrivati all’interno della piattaforma attraverso l’utilizzo delle nuove funzionalità introdotte.
Siamo sicuramente di fronte a due modi di comunicare agli antipodi. Ma per scoprire le profonde diversità, operative e non, tra due app che ricordiamo, insieme a Wechat (poco in voga nel mondo occidentale), sono tra quelle più utilizzate al mondo, c’è bisogno di fare un’analisi più approfondita.
Partiamo da ciò che hanno in comune. Entrambe sono delle piattaforme di messaggistica istantanea. La facilità di utilizzo, nessun costo per l’installazione e l’utilizzo, la compatibilità con tutti i device e sistemi operativi sono delle qualità su cui, chi è a capo dei due colossi, ha puntato sin da subito. Fatta questa specifica possiamo sicuramente affermare che entrambe sono utili per essere utilizzate in modalità “business to consumer” (B2C), ovvero per scopi commerciali. Ma approfondiremo questo argomento non prima di aver detto che alla base delle differenze c’è il fattore “open-source”. Telegram lo è, Whatsapp invece no. Open source significa letteralmente codice aperto. Chiunque è in possesso di questo codice può segnalare eventuali problemi, leggerlo ed eventualmente capire che cosa c’è scritto. Questo significa che gli sviluppatori collaborano con chi aiuta a migliorare l’applicazione. Allo stesso tempo ciò consente di farsi un’opinione e di dare un feedback sulla struttura specifica dell’App agli sviluppatori. Con WhatsApp questo non è possibile perché non è open source.
Parliamo adesso della questione business. Innanzitutto, da indiscrezioni, si apprende che, anche se in modo diverso, in entrambe le app verrà inserito in futuro il sistema delle ADS, ossia la possibilità per le aziende di sponsorizzarsi all’interno delle piattaforme. Attualmente, per tali scopi, che possiamo definire in fase embrionale, Whatsapp ha introdotto da qualche tempo la versione “business”, in sostanza un’altra app, rispetto a quella base, dedicata alle aziende che rende la comunicazione B2C meno limitante anche con chi possiede la normale applicazione. Resta comunque il fatto che in entrambe le versioni non c’è la possibilità di inviare messaggi “one to many” e che le liste broadcast possono contenere al massimo 256 persone. Telegram, da questo punto di vista è sicuramente molto avanti. Canali e gruppi con numero illimitato di iscritti, BOT e hashtag la rendono quasi completa. Per eccellenza l’app che si adatta al business più di tutte. Whatsapp, inoltre, ha un altro grosso problema, è influenzata parecchio dalla policy di Facebook. Ad esempio, negli ultimi tempi, alcune farmacie hanno riscontrato problemi, sia nella versione base che in quella business, perché a quanto pare non è un argomento che Facebook ha scelto che passasse attraverso la sua piattaforma e questo ha condizionato anche le comunicazioni all’interno di Whatsapp.
Per chi non utilizza solitamente Telegram, chiariamo cosa sono i canali ed i Bot. I canali funzionano solo ed esclusivamente all’interno della piattaforma, i bot utilizzano la piattaforma come interfaccia. Un canale Telegram è una comunicazione di tipo “uno a molti”: gli utenti possono iscriversi ad un canale per guardarne i contenuti. Un esempio pratico è sicuramente il canale Telegram di Bz News 24 che ha deciso di utilizzare questa funzionalità come una vera e propria “newsletter moderna”, non condividendo più gli articoli con i propri lettori attraverso le e-mail. Un modo meno invasivo per far conoscere i propri contenuti. Ma i soggetti e i modi in cui si può sfruttare questa funzionalità sono davvero tantissimi. Solo da qualche settimana, legando un canale ad un gruppo con cui si interfaccia, c’è anche la possibilità di commentare i contenuti inseriti dagli admin all’interno dei canali.
I Bot, invece, vengono sviluppati esternamente alla piattaforma e nel momento in cui gli si dà la possibilità di interfacciarsi con Telegram sono utilizzabili al suo interno. Logicamente questi possono essere resi disponibili liberamente anche in altre piattaforme che ne permettono l’utilizzo. Non sono altro che utenti artificiali di Telegram , composti soltanto da stringhe di codice, che sono programmati per interagire nelle chat singole (ma anche in quelle di gruppo e nei canali) con altri utenti dell’applicazione di messaggistica. Non sono utenti reali, sebbene siano creati per svolgere azioni ed interagire.
Ma passiamo alle note dolenti, quali dati conservano le due app? Abbiamo creato uno schema dei dati che diventano utilizzabili dalle due piattaforme, che rendono benissimo l’idea senza possibilità di equivoci.
Le differenze sono sotto gli occhi di tutti. Sicuramente il confronto sulla cookie policy mette in risalto che Telegram, da questo punto di vista, è quantomeno più garantista rispetto a Whatsapp. Telegram, invece, è tra i sorvegliati speciali della Commissione Europea per molti motivi, in particolare per la pirateria.
Allora possiamo davvero parlare di “guerra tecnologica” tra le piattaforme? Pavel Durov, nel suo canale Telegram, ha postato una inequivocabile comunicazione spiegando che, da informazioni in suo possesso, Zuckerberg avrebbe organizzato una vera e propria task force per capire perché Telegram sta diventando così popolare. Il Ceo russo ha simpaticamente glissato con un “voglio risparmiarvi milioni di dollari – riferendosi ai competitors – vi spiego io gratuitamente il motivo: il rispetto dei nostri utenti”. Dall’altro lato il suo concorrente ha messo in atto una precisa strategia atta a fidelizzare gli utenti di tutte le piattaforme in suo possesso creando, di fatto, una sorta di “circuito chiuso” tra app ed acquisendo più dati possibile, cosa non da poco visto il loro inestimabile valore.
In conclusione quale delle due app è migliore? In realtà è difficile stabilirlo e dipende molto dall’uso che ne si fa. Il numero di utilizzatori in Italia mette al primo posto Whatsapp, di conseguenza sarà difficile che tantissime persone decidano in tempo breve di rinunciarci passando alla concorrenza. D’altronde un presupposto di base di un’app di messaggistica è che dall’altra parte ci sia un’altra persona che risponde. Telegram è il top a livello di funzionalità, se dovessimo fare una lista di ciò che questa piattaforma ha in più rispetto a Whatsapp il paragone non reggerebbe sicuramente. Inoltre Telegram lascia più libertà di espressione, infatti in alcuni paesi con regimi totalitari (ad esempio l’Iran) ne è stato vietato l’utilizzo in quanto non vi è la possibilità di controllare le comunicazioni. Pertanto nulla vieta che le due app possono essere entrambe utilizzate, come già accade per la maggior parte dei possessori di smartphone, ognuna con gli scopi per cui gli utenti le ritengono più funzionali al tipo di comunicazione di cui hanno bisogno.
Angelo Liuzzi