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Mio figlio viene preso in giro dai compagni: come devo comportarmi?

Cosa distingue uno scherzo innocente da una presa in giro che può rivelarsi l’inizio di una situazione di imbarazzo e disagio per i nostri bambini? Qual è il modo giusto di relazionarsi con questi episodi, da parte di educatori e genitori? I consigli della psicologa

L’individuazione della diversità è fisiologica già in età prescolare. Questo meccanismo fa parte del riconoscimento dell’altro da sé, del passaggio da una fase egocentrica a quella della socializzazione e della scoperta di quanto si colloca fuori da sé stessi. Ilaria Perrucci, psicologa e psicoterapeuta esperta in DSA e difficoltà scolastiche, spiega: “I bambini colgono non solo la diversità nell’aspetto, ma anche quella comportamentale: nel contesto scolastico capiscono quali sono le regole ed individuano chi le segue e chi no. Fa tutto parte di un normale processo di categorizzazione funzionale a comprendere il mondo”.  

Cosa succede, però, se la differenza viene percepita come negativa?

Perrucci chiarisce che anche la tendenza a formare gruppi è normale. Ciò a cui gli adulti, siano essi educatori o genitori, dovrebbero prestare attenzione, è l’eventuale tendenza ad escludere uno o più compagni: “Anche questo è un fenomeno che può accendersi spontaneamente, ma non per questo va giustificato a prescindere. C’è bisogno della guida dell’adulto, che deve promuovere i valori di empatia ed inclusione puntando allo sviluppo dell’intelligenza emotiva nei più piccoli”.

La dottoressa Ilaria Perrucci

IL RUOLO DELLA SCUOLA NELLA SENSIBILIZZAZIONE DEI BAMBINI

Importante, quindi, aiutare i bambini a riconoscere le emozioni: sia le proprie che quelle del compagno escluso, incoraggiandoli a mettersi nei panni di qualcun altro: “Una scuola attenta sensibilizza in questo senso ed il suo ruolo è importantissimo, come quello del genitore, che può aiutare il proprio figlio guidandolo verso una maggiore empatia”.

“Una vera riforma per la nostra scuola”

Nei casi più gravi ci sarà invece bisogno di un intervento più diretto, che salvaguardi il bambino preso di mira. Anche in questi casi, però, l’azione verso chi opera il comportamento escludente, non sarà rivolta all’esclusione o alla punizione, bensì alla riflessione e alla comprensione delle conseguenze rispetto alle azioni poste in atto.

Naturalmente, anche nei confronti del bambino che subisce questi comportamenti sarà opportuno agire, per aiutarlo ad inserirsi nel gruppo.

IL RUOLO DELL’OSSERVAZIONE DEL BAMBINO

Come capire se un bambino ha un problema con i compagni, se non lo racconta lui stesso?

La dottoressa Perrucci raccomanda una attenta osservazione del bimbo: “E’ importante notare l’umore del bambino. Capire se è cambiato ed osservare se, ad esempio, ha scoppi d’ira frequenti o se lo vediamo triste. Anche la qualità del sonno, il cambiamento nel rapporto con il cibo, il ritorno dell’enuresi notturna in bambini che hanno tolto il pannolino e la manifestazione di sintomi fisici che non trovano riscontro alla visita del pediatra, possono essere dei campanelli d’allarme”.

Per intercettare l’eventuale disagio, importante anche l’osservazione dei comportamenti sociali del bambino, come il desiderio di stare in compagnia degli amici e di andare a scuola.

Bullismo a scuola: bambina picchiata

“Possiamo aiutare i bambini ad esprimere le proprie emozioni e stati d’animo proponendo la nostra impressione, ad esempio raccontando di vederli un po’ tristi e chiedendo loro conferma della nostra sensazione. L’abilità del genitore e dell’educatore starà nel dosare le domande chiuse e quelle aperte per aiutare il bambino ad aprirsi senza mettergli in bocca una risposta che è frutto di una nostra interpretazione. L’importante è creare un clima di fiducia e mostrarsi disponibili, mai pressanti. Se si teme che la situazione sia seria è opportuno rivolgersi alla scuola o ad uno specialista”.

RENDERE AUTONOMI I NOSTRI BAMBINI, CONTINUANDO A VIGILARE

E, invece, quando lasciare spazio ai bambini perché possano risolvere i loro conflitti da soli?

L’obiettivo di genitori ed educatori, come ricorda la psicologa Perrucci, è quello di fornire ai bambini gli strumenti per raggiungere l’indipendenza: “Nei piccoli conflitti quotidiani, come quelli tra fratelli, si può lasciare loro lo spazio per venirne fuori da soli. Anche quando mostrano di voler trovare una soluzione in autonomia e cercano strategie per farlo. La via mediana, per i più piccolini, potrebbe essere quella di offrire noi un piccolo ventaglio di opzioni perché possano considerarle e decidere come agire. È importante non sostituirsi a loro e non allarmarsi troppo se il disagio è una parentesi momentanea, che non influisce sul loro benessere generale”.

Un ultimo invito all’attenzione viene rivolto dall’esperta ai genitori di bambini un po’ più grandi, che possono incorrere nei rischi del cyberbullismo: “Le statistiche dicono che sono soprattutto le ragazze ad essere vittima di cyberbullismo, addirittura già dall’età di 11 anni. Nel 79% dei casi la causa dell’esclusione dal gruppo è l’aspetto fisico. Come abbiamo già avuto modo di dire, notare le differenze è fisiologico, ed è per questo che dovremmo accompagnare i nostri ragazzi a sviluppare il sentimento dell’empatia nei confronti degli altri”.

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