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Loris, il prof che scuote i social: “Dico quello che tutti pensano”

Un linguaggio diretto, a tratti disturbante, che però fa breccia. Loris Bertoldi, conosciuto come Loris il Prof, è uno dei volti emergenti della scena digitale bolzanina. In un mondo iper-competitivo come quello dei social, ha scelto la via della franchezza per distinguersi, raggiungendo in poco più di un anno oltre 22.000 follower su TikTok e più di 6.000 iscritti su YouTube, con una media che supera il mezzo milione di visualizzazioni mensili. I suoi contenuti spaziano dall’attualità alla politica, spesso con un focus locale e altoatesino, ma non mancano incursioni nazionali e internazionali. Una cifra stilistica che, tra polemiche e discussioni, mira a riportare i giovani al centro del dibattito pubblico.

Loris, come nasce il tuo nome d’arte e il progetto di “Loris il Prof”?

«Il personaggio è nato a giugno 2024. Ho scelto questo nome perché volevo dare un’impronta precisa: quella di chi non fa intrattenimento fine a sé stesso, ma contenuti che insegnano e stimolano la riflessione. Il mio obiettivo principale è avvicinare i giovani alla politica e alle notizie di attualità».

Parliamo di numeri: in poco tempo sei riuscito a costruire una community consistente. Come ci sei riuscito?

«Su TikTok ho superato i 22.000 follower, su YouTube i 6.000 iscritti e supero regolarmente il mezzo milione di visualizzazioni mensili. Non è stato facile, perché il pubblico è globale e la concorrenza è altissima. Però la chiave è stata proprio la franchezza: dire le classiche cose che tutti pensano, ma che pochi hanno il coraggio di dire».

Molti definiscono il tuo linguaggio “politicamente scorretto”. È una scelta consapevole?

«Assolutamente sì. Non cerco di piacere a tutti, anzi. Voglio creare polemica e discussione, perché solo così le persone si fermano a riflettere. Penso che oggi i media tradizionali fatichino a proporre certi temi in un modo che arrivi davvero ai ragazzi. Io uso un linguaggio secco, diretto, persino disturbante, ma serve proprio a riportare la realtà».

Non solo social: in questo anno hai anche organizzato eventi. Di cosa si tratta?

«Ho portato a Bolzano la presentazione del libro di Gianmarco Menga, inviato di Quarto Grado, sul delitto di Saman Abbas. È stato un momento molto significativo per la città, perché abbiamo affrontato un tema delicato con uno dei protagonisti del giornalismo d’inchiesta».

E non ti sei fermato lì: anche tanti podcast con ospiti illustri. Chi hai coinvolto?

«Ho registrato diversi podcast con persone molto diverse tra loro. Dall’europarlamentare Silvia Sardone all’ex capo anticrimine di Bolzano Stefano Mamani, fino a Marco Calabresi, telecronista per Dazn, e ancora l’ex eurodeputato Matteo Gazzini, il poliziotto di AirPort Security Mauro Carraretto e l’ex calciatore Alessandro Campo. Un ventaglio che mostra bene come la mia idea sia di unire mondi diversi per raccontare la realtà da più angolazioni. Compresi linguaggi differenti».

Collaborazioni anche con altri creator: che valore hanno per te?

«Importantissime. Ho lavorato con Michelle Comi e con Andrea Diprè, due nomi che hanno portato energie e nuove visioni nei miei contenuti oltre ad aver scritto passaggi importanti della storia popolare del digital italiano. Credo che contaminarsi con altri creator sia un modo per crescere e non rimanere chiusi nella propria bolla».

Cosa ti spinge ad andare avanti in un ambiente così competitivo?

«La consapevolezza che i ragazzi hanno bisogno di qualcuno che parli loro di politica e attualità in un linguaggio che possano sentire vicino. Questo è il mio obiettivo: non per forza diventare famoso, ad ogni costo ma far sì che i giovani tornino a interessarsi alle cose che contano davvero».

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