Grazie Franca Viola, da 40 anni addio all’orrore del matrimonio riparatore
BOLZANO. “Per i delitti preveduti dal capo primo e dall’articolo 530, il matrimonio, che l’autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali.”
Articolo 544 del Codice Penale (causa speciale di estinzione del reato) in vigore in Italia fino al 5 agosto 1981.
Quarant’anni ieri.
Quarant’anni di libertà, giustizia e coraggio.
Quarant’anni di infiniti “grazie” a Franca Viola, una delle donne che ha fatto la storia del nostro Paese.
Ma chi è Franca Viola?
“Sì dai, chi vuoi che non la conosca?!”, starete pensando in questo momento, ma posso garantirvi che ci sarà allo stesso tempo qualcuno che, leggendo questo nome, si starà invece chiedendo “Di chi sta parlando?”.
Ecco, ora ve lo racconto.
Franca Viola ha 15 anni ed abita ad Alcamo, in provincia di Trapani. Con il consenso del padre, si fidanza con Filippo Melodia che, a causa della sua parentela con un mafioso della zona, finisce in carcere. La cosa non piace a papà Bernardo Viola, che decide di sciogliere il fidanzamento attirando sulla sua famiglia vergogna, sciagura, minacce ed emarginazione sociale. Siamo nel 1965 e Filippo Melodia non ha nessuna intenzione di rinunciare a ciò che gli appartiene: come osa il vecchio Bernardo impedirgli di avere ciò che è suo? Questo non può proprio accettarlo. Il giorno di Santo Stefano, infatti, Filippo entra in casa di Franca con altri dodici uomini e, senza farsi tanti scrupoli, la rapisce e la rinchiude in un casolare per giorni. Giorni in cui Franca viene stuprata, picchiata, umiliata.
Il giorno di Capodanno, la famiglia Viola riceve una telefonata: sono i Melodia che, da buoni uomini d’onore, propongono un accordo più che conveniente a papà Bernardo. La “paciata” è sicuramente la soluzione a tutti i loro problemi, soprattutto a quello di Franca che, oramai, è disonorata e priva di virtù. Che cos’è la “paciata”? In dialetto era niente meno che la pace tra le due famiglie che poteva avvenire soltanto se i Viola avessero accettato di compiere il matrimonio riparatore previsto dall’articolo 544 del Codice Penale italiano, che garantiva al violentatore la cancellazione del reato se sposava la sua vittima.
Papà Bernardo accetta ma solo per farsi rivelare il luogo in cui è reclusa la sua Franca e avvisare la polizia. Il piano funziona, Franca viene liberata e la famiglia torna a respirare dopo giorni di terrore.
Franca è distrutta, ma di questo non importa a nessuno. La verità è che la ragazza non è più vergine e non è bene che viva nel disonore, il matrimonio con Filippo è l’unica via per renderla una donna onesta. Non importa se la sua verginità le è stata strappata con lo stupro e la violenza, oramai appartiene a Filippo, “è roba sua”.
La risposta di Franca non tarda ad arrivare: “Io non sono proprietà di nessuno. Nessuno può costringermi ad amare una persona che non rispetto; l’onore lo perde chi le fa certe cose, non chi le subisce”. Sull’onda di queste parole, Franca denuncia i suoi rapitori e si finisce in tribunale, dove affronta il processo con dignità, coraggio e una determinazione invidiabili. Ripercorrere l’orrore di quei giorni di reclusione e abusi non è facile, soprattutto trovandosi costretta a sentire le arringhe difensive del legale di Filippo Melodia, che la definiva «consenziente» e mirava a screditarla, facendo passare il fatto gravissimo che aveva vissuto come una “sciocchezza”, perché i giovani, si sa, sono avvezzi alle «fughe d’amore».
Forse ci saranno stati momenti in cui Franca ha pensato di mollare; d’altronde chi glielo faceva fare di sottoporsi a quella tortura? Ad un certo punto però, penso che avesse capito che non si trattasse più soltanto di lei, ma di sovvertire l’intera società, ancora intrappolata in quell’arcaica sopraffazione maschile sulle donne, riconosciuta e accettata come normalità.
E così è stato: tutti i sequestratori vennero condannati, in particolare Filippo Melodia (a 11 anni). Questa sentenza segnò un grande traguardo per la storia italiana, soprattutto se si considera ciò che è avvenuto dopo. Un numero sempre più alto di ragazze, infatti inizierà a seguire l’esempio di Franca: basta matrimoni riparatori, basta “paciate”, basta giustificazioni per crimini atroci.
Ecco chi è Franca Viola ed ecco perché tutti hanno diritto di conoscere la sua storia che, in fondo, è anche la storia di tante altre donne del suo tempo. Da donna, non posso far altro che ringraziarla e seguire il suo esempio, perché se oggi sono diventata questa è anche per merito suo e di tutte quelle personalità importanti che hanno cambiato la storia e che mi hanno dato il coraggio e la speranza di inseguire i miei sogni, senza accettare compromessi e senza rinunciare mai alla mia libertà e dignità personali. Interpretare Franca Viola nel cortometraggio di Stefania Accettulli è stata un’esperienza pazzesca: respirare nel suo personaggio mi ha dato un accenno della forza che questa donna ha dimostrato e spero, anche solo in piccola parte, di averla omaggiata come merita.
Grazie Franca.
Alice Ravagnani