I nostri cani provano emozioni?
Le emozioni e i nostri animali. Un rapporto che spesso sottovalutiamo o banalizziamo. Cosa provano i cani e i gatti che vivono con noi non è sempre facile da comprendere ma può essere la chiave per migliorare qualsiasi relazione. In un’affollato incontro presso la clinica veterinaria Città di Bolzano la dottoressa Luisa Demattio ha preso per mano i proprietari proprio dentro queste emozioni (incontro gratuito che sarà replicato giovedì prossimo 25 gennaio alle ore 19.00).
“Qualche tempo fa le emozioni venivano derubricate a sottoprodotto della mente. Oggi l’approccio è meno superficiale ma rimane comunque un tema con molte domande aperte”
Quante sono le emozioni?
“Si parte dalla classificazione di Paul Ekman che elenca le emozioni primarie in gioia, tristezza, paura, rabbia, disgusto e sorpresa. Le secondarie, invece, sono divertimento, disprezzo, contentezza, imbarazzo, senso di colpa, piacere, orgoglio, vergogna e altre. Le emozioni di base hanno espressioni facciali facilmente leggibili in tutte le culture. Vale anche per i cani”
Le loro espressioni?
“No, intendo la loro capacità di leggere le nostre emozioni. Osservano gli angoli tra i nostri occhi e la bocca per comprendere il nostro stato d’animo. Ci sono, però, studi specifici anche sulle reazioni emotive sui cani”
Per esempio?
“Grazie a straordinari educatori è stato possibile effettuare delle risonanze magnetiche al cervello dei cani valutandone le reazioni secondo i differenti impulsi. Si è scoperto che le parti che si attivano di fronte ad uno stimolo positivo sono, proporzionalmente, le medesime dell’uomo. È la risposta scientifica al quesito se gli animali provino emozione”
Assolutamente sì dunque.
“Certo, le parti anatomiche ricevono stimoli che vengono elaborati in emozione. Oggi è difficile sostenere certe tipologie di addestramento che non prevedono assolutamente l’aspetto emotivo”
Cosa succede allora nel cervello?
“Esiste una via subcorticale che comporta una reazione immediata allo stimolo e una corticale che prevede un tempo più lungo tra stimolo e reazione. Nel rapportarsi all’educazione di un animale dobbiamo cercare di percorrere maggiormente la seconda strada per avere più controllo di quello che accade”
Da cosa si inizia?
“Dal riconoscere le emozioni attraverso l’osservazione e la conoscenza. La relazione, invece, talvolta può oscurare la visione influenzandola. Le emozioni dei nostri animali, dunque, vanno prima di tutte comprese con una buona dose di attenzione e lucidità”
Bene ma cosa dobbiamo osservare?
“L’espressione del corpo nell’insieme di coda, bocca, orecchie e postura all’inizio. Nel suo complesso il body language è un primo segnale ma talvolta può ingannare. Il movimento della coda, per esempio, non ha sempre lo stesso significato e addirittura diverge di molto tra il cane e il gatto. Ecco perché tra vedere e comprendere c’è molta differenza. Serve osservarne molti, anche nell’interazione con i loro simili, per affinare questa sensibilità”
Bisogna, quindi, isolare nella nostra testa l’osservazione del cane?
“Questo no perché vediamo il cane o il gatto complicato sempre dentro il sistema famiglia. Non è pensabile aggiustarlo come fosse una macchina. Se vogliamo risolvere un problema la soluzione va trovata in un approccio che sia complessivo. Partendo però dalla comprensione delle emozioni di ciascuno. Quindi dobbiamo guardare anche a noi”
Possiamo dire che le emozioni influenzano tutto?
“Sì, il flusso delle emozioni è sempre alla base di quanto accade. Se si negano le emozioni queste escano da un’altra parte come una pentola pressione con una valvola otturata”
Come può intervenire, però, un proprietario?
“Con l‘aiuto di uno specialista può creare un campo di emozioni positive dove portare il proprio animale nella quotidianità. Partire, ovviamente, dalla relazione e anche dalla disponibilità a cambiare, magari, alcune proprie abitudini o inclinazioni. Se ci sono problematiche la rottura di schema può essere importante”
Doctor Google fornisce indicazioni?
“Quello che si legge nel web non è per forza sbagliato o limitato ma il problema è applicare quello che si legge al singolo soggetto. Bisogna cercare delle declinazioni efficaci secondo il caso singolo e questo è possibile solo con l’aiuto di uno specialista”
È come si porta un animale nel campo positivo?
“Per esempio utilizzare la socievolezza cercando l’aiuto di cani socialmente positivi. Utile anche proporre azioni diverse che rompano gli schemi che possono essere negativi. Non dimentichiamoci, infine, del gioco. Attenzione perché questo spostamento verso il campo positivo non è sempre un procedimento così facile. L’importante, torno a ribadirlo, è non dimenticare l’importanza delle emozioni”.
Alan Conti